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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Grifo fuori dai play-off, il bilancio di una stagione: Camplone addio?

Mesi di imbattibilità casalinga e 14 risultati utili consecutivi bruciati in 12 minuti di buio. Camplone è apparso distrutto dopo la partita, perché sa di aver sbagliato: il 3-5-2 poteva essere il modulo giusto

Altro play-off, altra delusione. Gli spareggi non sono esattamente il punto di forza del Perugia, ce lo dice la storia. Difficile raccontare il sentimento che oggi sta vivendo il popolo biancorosso: un misto tra amarezza, sconforto e orgoglio, perché anche se la sconfitta di ieri brucia, resta la certezza di avere disputato un ottimo campionato. 

Però che peccato: che peccato aver sprecato un vantaggio ottenuto grazie a un colpo di testa su calcio piazzato – quest’anno una rarità dalle parti del “Curi” –, che peccato aver regalato un gol e un calcio di rigore in quella maniera. Restano le lacrime di uno stadio intero che ci ha creduto, certamente più dei giocatori in campo, molti dei quali irriconoscibili: Verre e Rizzo hanno passeggiato per 90 minuti, Fossati non era al meglio delle condizioni fisiche, Ardemagni generoso ma mai pericoloso. Una formazione scollata, che ha lasciato troppo sole le punte: la grande azione che aveva portato all’1-0 contro il Carpi è parsa un miraggio ieri pomeriggio. 

Il Perugia non è riuscito a tenere in mano il pallino del gioco come ha sempre fatto durante la stagione, non ha aggredito il portatore di palla avversario, ma nessuno sa spiegarne le ragioni, perché fino a 4 giorni fa il gruppo c’era, sia fisicamente che psicologicamente. Bisogna ammetterlo, della squadra che nel corso del campionato è stata in grado di battere in rimonta l’Avellino, di superare lo Spezia, di recuperare lo svantaggio con il Livorno e il Pescara, appena 3 settimane fa, ieri non ce n’è stata traccia. 

Mesi di imbattibilità casalinga e 14 risultati utili consecutivi bruciati in 12 minuti di buio. Camplone è apparso distrutto dopo la partita, perché sa di aver sbagliato: il 3-5-2 poteva essere il modulo giusto per contrastare le qualità offensive di Melchiorri, Politano, Bjarnason e Pasquato, ma qualcuno lì in mezzo al campo doveva correre per sfruttare le ripartenze, spaccare in due il Pescara e superare una retroguardia che anche ieri ha dimostrato di essere tutto tranne che granitica. Invece, troppa prudenza. 

Fabinho e Lanzafame in panchina fino a un quarto d’ora dalla fine: ecco, se c’è un rimpianto, è quello di aver visto dei cambi molto tardivi, quando gli ospiti erano già passati in vantaggio. Invece la scossa sarebbe servita dopo la papera di Koprivec, come messaggio alla squadra e ai pescaresi, per dire: “Ok, abbiamo preso gol a causa dell’errore di un singolo, ora ci rifacciamo sotto”. Ma niente di tutto ciò è accaduto, se non il cambio Parigini per Ardemagni, attacco alleggerito invece che rinforzato. Il 4-3-3 degli ultimi minuti è stata una mossa disperata, non è bastata. Bravo Fiorillo in uscita a bloccare il cross di Lanzafame, bravo il Pescara in generale a compattarsi per difendere il vantaggio. E alla fine è giusto ammetterlo: il successo degli abruzzesi è stato meritato, se non altro per le chance create e per la voglia mostrata.  

L’1-2 finale è una ferita che si riapre, fa tornare alla mente il gol beffa di Favasuli di due anni fa, l’eliminazione dalla corsa promozione da parte del Pisa, anche se la rabbia allora fu ancora più grande, perché il Perugia aveva una rosa che doveva per forza di cose puntare alla B. Quest’anno l’approdo nella massima serie è sembrato più un sogno che un obiettivo: gruppo completamente nuovo, prima esperienza per tutti in cadetteria, dall’allenatore al presidente, passando per il direttore sportivo. Qualche errore era da mettere in conto e puntualmente è arrivato: un mercato estivo carente, alcune scommesse clamorosamente perse (leggasi Perea, Rabusic, Vinicius e, visto il rapporto tra prestazioni e costo del contratto, Taddei), tanto rumore per il coinvolgimento di Goretti nell’inchiesta sul calcio-scommesse, che ha destabilizzato un ambiente che ad inizio stagione viaggiava sull’onda dell’entusiasmo. 

Ora arriverà il momento di valutare il lavoro svolto dallo staff tecnico e saranno dolori, perché in 3 stagioni il Grifo ha collezionato un secondo e un primo posto in Lega Pro e una sesta piazza, con relativa qualificazione ai play-off, in serie B. Non male se si pensa al baratro nel quale questa città era sprofondata, calcisticamente parlando, nel 2010. Eppure resta sempre quella sensazione, fastidiosa, irritante, quel retrogusto amaro al pensiero dei tanti sbagli nei momenti chiave, con l’unica eccezione del successo con il Frosinone di un anno fa, arrivato grazie alla giocata di un singolo. 

Prima il già ricordato Pisa, oggi il Pescara, in mezzo tante altre partite gettate via per mancanza di carattere. Su questo argomento la tifoseria si è spaccata in due, tra chi approva l’operato di Camplone e chi non apprezza il modo in cui l’allenatore abruzzese gestisce i momenti di tensione. Le tante dichiarazioni in conferenza stampa sull’importanza dell’approccio mentale al match, piuttosto che al modulo da schierare, ora potrebbero rivelarsi controproducenti per l’ex terzino: la carica giusta alla squadra, quel mix di tranquillità, concentrazione e voglia di vincere, deve arrivare prima di tutto da chi quella squadra la guida. L’impressione dall’esterno, assolutamente opinabile, è che in alcuni tratti questa spinta sia mancata. 

Questo forse è l’unico rimprovero che Perugia può fare a Camplone, per il resto è giusto fargli i complimenti per gli ottimi risultati raggiunti, per essere tornato a lavorare in una società che lo aveva licenziato dopo meno di un anno, per aver continuato a fare il proprio dovere anche quando, a febbraio, era ormai con un piede e trequarti fuori dal “Curi”. Ecco perché saranno dolori: da qualunque lato la si guardi, questa è una situazione in cui sembrano esserci buoni motivi per proseguire ed altri per dire basta, per azzerare tutto e ripartire con un nuovo allenatore. 

È probabile che alla fine prevarrà la delusione, in questo caso più di Camplone che non della dirigenza: ripartire con un tecnico senza stimoli sarebbe un errore madornale, qualcosa di deleterio per la carriera del tecnico e ancor di più per le sorti del Perugia. Certo sarebbe ironico che a chiudere l’esperienza di un pescarese sia stato proprio il Pescara, però anche questo è il bello del calcio. 

Il Grifo ci sarà ancora, indipendentemente da quello che farà Camplone da ora in avanti. Bisognerà rimboccarsi le maniche perché la stagione appena conclusa ha regalato a tutti un grande insegnamento: arrivare ai play-off oggi non dà alcuna garanzia per l’anno successivo. I casi di Crotone, Latina e Bari sono lì a testimoniarlo. Perugia ha ritrovato la sua dimensione, ha ritrovato il calcio che conta e l’apprezzamento di chi ha seguito la serie B nel corso dell’intera stagione. Lo ha ritrovato soprattutto il pubblico in lacrime del “Curi” e tutti coloro che per motivi di lavoro o di lontananza non sono potuti andare ad assistere alla sfida di ieri, ma che hanno comunque sperato che il sogno si realizzasse. È andata male, è vero, ma quest’annata ha sancito il ritorno del Grifo e, in una giornata di rimpianti ed orgoglio, questo può bastare.

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