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Cronaca

In Umbria con il permesso di soggiorno della moglie morta, preso ed espulso

L'uomo è ritenuto pericoloso socialmente dopo una condanna per spaccio di droga e una denuncia per lo stesso reato. Il Tar dà ragione alla Questura e rigetta il ricorso contro l'espulsione

Non può rimanere in Italia perché senza permesso di soggiorno, ma resta in Umbria grazie al matrimonio con una cittadina italiana, che nel frattempo è morta. Scatta così l’espulsione, ma il cittadino straniero si rivolge al Tribunale amministrativo regionale contestando il provvedimento. Assistito dall’avvocato Gian Gabriele Binaglia, lo straniero ha chiesto l’annullamento del provvedimento con il quale viene revocata “la Carta di Soggiorno per familiari di cittadini dell’U.E.” e con il quale “non è concesso alcun permesso di soggiorno in alternativa, non sussistendone i requisiti. Il cittadino … pertanto, dovrà lasciare il territorio nazionale, non sussistendo, allo stato, validi e comprovati motivi che possano giustificare una sua ulteriore permanenza”.

Lo straniero “a seguito di matrimonio contratto con una cittadina italiana” aveva ottenuto “la carta di soggiorno per familiari di cittadini dell’U.E.”, ma dopo “la prematura morte della moglie, il ricorrente continuava a permanere nel territorio italiano in virtù del permesso di soggiorno suddetto”.

A seguito della vedovanza, lo straniero ha avuto “problemi personali e con la giustizia italiana” (una condanna a 2 anni e 10 mesi e 4mila euro di multa per spaccio di droga), ma di aver superato il difficile momento grazie ad una nuova relazione con una cittadina comunitaria, un lavoro stabile e un contratto d’affitto.

Secondo la Questura, però, l’uomo avrebbe dovuto regolarizzare la sua posizione nell’anno tra la morte della moglie e il nuovo affetto, oltre alla nuova attività lavorativa. Il matrimonio, inoltre, sarebbe durato appena tre mesi. Per la Questura, inoltre, permane la pericolosità sociale dell’uomo, arrestato per droga, scarcerato con obbligo di dimora, affidato ai servizi sociali e nuovamente denunciato per spaccio poco dopo.

I giudici amministrativi hanno dato ragione alla Questura rigettando il ricorso e condannando l’uomo al pagamento delle spese processuali.

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