Omicidio via Ricci, al setaccio anche i tabulati telefonici: il Dna condanna Riccardo?
Le analisi sono ancora ufficiose, ma secondo indiscrezioni sarebbero alla base della decisione di escludere un terzo uomo come esecutore materiale del delitto. Intatto il legale dei Menenti ricorre contro il carcere e spera nei domiciliari
Riccardo e Valerio Menenti vogliono uscire quanto prima dalla cella che dividono in comune nel carcere di Capanne. L'avvocato Luca Patalini ha presentato il ricorso al Tribunale della Libertà il 19 aprile. L'obietto è quella di tirare fuori i due accusati dell'omicidio di Alessandro Polizzi anche non escludendo una misura cautelare come gli arresti domiciliari. Il legale Patalini ha confermato con fermezza la totale infodatezza delle accuse verso padre e figlio.
Ma alla base delle accuse della Procura ci sarebbero i profili genetici trovati sia nella casa di via Ettore Ricci che sull'arma del delitto. Nell'appartamento, secondo gli inquirenti, Riccardo ha lottato contro Alessandro e Julia. Il primo viene ucciso, la seconda per miracolo si salva grazie al trambusto che aveva svegliato gli inquilini. Ma durante l'azione si sarebbe ferito alla testa e alla mano. Alcune tracce di sangue sarebbero state trovate sulla rampa delle scale. Per l'accusa è il sangue di Menenti. Per quanto riguarda la pistola anche lì, in attesa delle analisi ufficiali, ci sarebbero le tracce che portano al padre di Valerio. Profili genetici che avrebbe fatto scattare gli arresti, allontanando l'ipotesi di un terzo uomo.
E' ancora in fase di verifica la testimonianza di un commerciante di un Compro Oro che avrebbe assistito ad una telefonata di Valerio Menenti nella quale dichiarava che Alessandro e Julia avrebbero fatto una brutta fine e che conosceva qualcuno che avrebbe fatto giustizia. Si cerca di capire con le celle telefoniche se il giovane sia stato veramente in zona e con chi era al telefono in quelle ore. Menenti ha sempre negato la telefonata e la sua presenza nel Compro Oro.
