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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Gualdo Cattaneo

Morto dopo aver lavorato per anni in mezzo all'amianto: familiari risarciti con 130mila euro

L'uomo aveva lavorato come addetto nella centrale di Gualdo Cattaneo alla riparazione e rimozione di tubi, valvole e altri elementi contenenti amianto

Morì a causa dell'amianto respirato sul posto di lavoro e l'azienda dovrà risarcire con 130mila euro la vedova e le figlie. Lo ha stabilito il Tribunale Ordinario di Roma nel condannare Enel per la morte di un ex dipendente della centrale di Gualdo Cattaneo, nel giugno 2018, all’età di 72 anni a causa di un mesotelioma pleurico epiteloide maligno derivante dall’esposizione professionale all’amianto. Alla vedova e alle figlie il giudice ha assegnato un risarcimento di 129.157,50 euro.

L'uomo, nato a Gualdo Tadino, aveva lavorato presso la centrale Enel di Gualdo Cattaneo per 33 anni, impiegato come manutentore di officina meccanica e delle linee elettriche, occupandosi delle riparazioni e della rimozione di sagome in lamiera e di operare su tubi, valvole e altri elementi contenenti amianto, che, per via delle elevatissime temperature, spesso si sfaldavano rilasciando nell’aria le fibre letali. Fino al 1990 l’uomo e gli altri operai non disponevano di adeguate misure di protezione individuale, come mascherine altamente filtranti contro polveri di silice e amianto, né era a conoscenza della presenza delle fibre nocive e del loro impatto sulla salute. L'operaio e i suoi colleghi consumavano i pasti nel cantiere e riportavano a casa indumenti contaminati di amianto mettendo a rischio anche la salute dei suoi familiari. Nel 2016, l’operaio aveva manifestato i primi sintomi della malattia, diagnosticata inizialmente come “versamento pleurico”, e nel 2017 la conferma di mesotelioma. Il decesso otto mesi dopo la scoperta.

I familiari dell'operaio, tramite l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, avevano avviato una causa contro Enel, che ha sempre negato qualsiasi nesso causale tra l’esposizione al patogeno e lo sviluppo della malattia arrivando persino a smentire che l’uomo fosse venuto a contatto con la fibra killer.

In Tribunale, anche attraverso consulenze e perizie, è stata dimostrata la violazione degli obblighi relativi alla sicurezza sul lavoro per “negligenza, imprudenza e imperizia”, con la conseguente condanna al pagamento di un risarcimento per i familiari dell'operaio.

Sulla vicenda arriva anche la precisazione dell'Enel e l'indicazione del ricorso in appello contro la sentenza: "In merito alla decisione del Tribunale di Roma che ha accolto, riducendo la richiesta risarcitoria, il ricorso promosso dai familiari di un ex dipendente Enel, l’Azienda ritiene opportuno evidenziare che ha sempre adottato le misure di protezione e di salvaguardia inerenti la tutela delle condizioni di lavoro nel rispetto della normativa nel tempo vigente. Enel precisa che l’ex dipendente, dopo aver lavorato quale elettricista presso aziende di impianti elettrici, ha poi svolto l’attività come manutentore alla Centrale termoelettrica di Bastardo e, successivamente, presso la sede di Gualdo Tadino con qualifica di operaio e manutentore di linee elettriche. L’azienda si riserva ogni più approfondita valutazione a valle del deposito delle motivazioni della sentenza, anche ai fini di un possibile appello".

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