Minacce ai debitori per non farli partecipare alle aste, condanna confermata in Cassazione
La conferma della sentenza del Tribunale di Spoleto e della Corte d'appello
Minacce per convincere i debitori a rinunciare alla partecipazione all’asta giudiziaria per i beni di famiglia e aziendali.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Spoleto e poi dalla Corte d’appello di Perugia, nei confronti di tre persone accusate di estorsione, poi derubricata in turbativa d’asta, “consistite nel richiedere alle persone offese - debitori esecutati nell'ambito di procedure esecutive nei loro confronti - e, nel caso di consumazione del reato, nell'ottenere dalle stesse, delle somme di denaro quale corrispettivo della loro astensione dalla partecipazione alle relative aste giudiziarie dei beni pignorati”.
I giudici di Cassazione hanno ritenuto inammissibili i ricorsi, perché presentati in ritardo o perché non sono stati ravvisati errori nei giudizi precedenti, e confermato le condanne a 5 anni di reclusione e 1.500 euro di multa.
Per la Cassazione è corretta la ricostruzione delle minacce del gruppo ai debitori, indipendentemente dai vantaggi che avrebbero avuto dal partecipare o meno all’asta, fatte con toni di voci determinati e con un passato personale che poteva incutere timore.