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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Minacce e insulti al telefono alla ex perché non riesce a vedere il figlio: condannato

Il giudice ha derubricato le accuse di stalking e ha condannato l'imputato per le intimidazioni

Le continue telefonate per sentire come stava il figlio non costituiscono stalking, ma il contenuto è equiparabile alle minacce. Per questo il giudice del Tribunale penale di Perugia, dopo aver derubricato le accuse da stalking a minacce, ha condannato un 35enne a 4 mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali, rimandando al giudizio civile la quantificazione del danno da risarcire.

L’imputato, un uomo di 35 anni difeso dall’avvocato Giuseppe De Lio, era stato accusato di stalking “perché dopo l’interruzione della relazione affettiva” con la parte offesa “poneva in essere nei confronti della suddetta reiterate condotte persecutorie, consistite in numerose e assillanti telefonate” anche nei confronti del nuovo compagno della donna.

Secondo la Procura di Perugia l’uomo avrebbe usato un “tono aggressivo” nel proferire “minacce e parole ingiuriose”, definendo la donna una “grande put…”, ma anche “tro…” e “sei una mer…” e “sei uno schifo”, minacciandola di “lasciare il bambino sennò ti perseguito tutti i giorni” oppure “portami il bambino a casa o ti spacco la faccia”.

L’imputato si è sempre difeso sostenendo che le telefonate erano state fatto solo per sapere come stava il figlio e per chiedere che glielo facesse vedere e di non aver mai insultato la ex.

Diversa l’opinione dell’accusa, secondo la quale nelle corso delle chiamata l’uomo avrebbe proferito minacce anche al nuovo compagno della donna, avvertito che gli avrebbe “spaccato la testa” o “la faccia, ricordando che “io vi distruggo a tutti e due, ti sto avvertendo” e che “vi piglio e vi affogo”, impedendo a entrambi di “svolgere serenamente le proprie attività quotidiane e lavorative”.

La donna, costituitasi parte civile tramite l’avvocato Franco Libori, era stata costretta a cambiare le proprie abitudini di vita per il “perdurante e grave stato di ansia e paura e un fondato timore per l’incolumità propria e dell’attuale compagno”.

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