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Cronaca

Lite giudiziaria tra gli eredi e l'armiere, sequestrata la collezione di armi: "Era in conto vendita"

Il commerciante ha perso in tutti e tre i gradi di giudizio: "Non è stata provata la vendita"

“Salve, vorrei riprendere le armi che mio padre ha lasciato in deposito”. “Mi spiace, ma quelle armi suo padre me le ha vendute e sono mie”.

La vedova e i figli del defunto, però, hanno portato in giudizio l’armiere e hanno ottenuto un cospicuo risarcimento, essendo impossibile recuperare le armi.

Gli eredi, difesi dagli avvocati Emanuele Massuoli e Vittorio Recalcati hanno fatto causa al commerciante, difeso dall ’avvocato Andrea Barbuto, davanti al Tribunale di Perugia per “un’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie”, nell’ambito della quale veniva disposto un sequestro giudiziario del patrimonio ereditario, tra cui una collezione di armi” presso l’armeria del convenuto.

L’armiere si difendeva, sostenendo “di essere proprietario della collezione, per averla acquistata” dal defunto, chiedendone “il dissequestro con risarcimento dei danni”.

In tutti e tre i gradi di giudizio, però, l’armiere si è visto rigettare le proprie richieste non avendo fornito “prova della compravendita”, sostenendo semplicemente che la normativa in materia di armi prevede che le stesse “sono beni mobili e il trasferimento dei medesimi si perfeziona sic et simpliciter con la consegna e quindi il possesso”. L’unica prova fornita è stata “la dichiarazione testimoniale dell’addetto di questura che ha ricevuto la denuncia”, facendo desumer eil passaggio di proprietà.

Per i giudici di Cassazione, però, il ricorso è infondato in quanto dall’atto di cessione delle armi da parte del defunto si evince che sarebbero state consegnate in conto vendita e che al proprietario “venissero consegnati i soldi man mano che le armi fossero vendute a terzi”. Quanto alla testimonianza dell’impiegato della Questura, si tratterebbe solo di un atto amministrativo per certificare chi custodisce le armi al momento, senza certificare il possesso.

Da qui il rigetto del ricorso, con conferma del giudizio sul possesso delle armi in capo agli eredi, e la condanna dell’armiere alle spese processuali.

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