Frasi ambigue e "ordini" al clan nelle lettere in carcere: bloccata la posta del boss
La Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale di sorveglianza di Perugia
Le lettere del boss di mafia detenuto a Terni restano bloccate, come aveva deciso il Tribunale di sorveglianza di Perugia. Lo ha stabilito la Cassazione ritenendo che in quelle missive possano nascondersi messaggi e ordini per gli uomini del clan.
Il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha evidenziato, nel respingere il reclamo del detenuto, “la legittimità del provvedimento di trattenimento della corrispondenza” in “considerazione dei contenuti della missiva inviata dal ... ai componenti del proprio nucleo famigliare, essendo presenti in essa frasi ambigue e prive di attinenza rispetto alla restante parte del testo”.
Per la Cassazione si tratta di un provvedimento legittimo “giustificato dalla condizione di particolare pericolosità soggettiva di cui è portatore il singolo soggetto sottoposto al regime differenziato”.
Per la Corte “ai fini della limitazione del diritto alla corrispondenza dei detenuti” sottoposti al 41 bis “non è necessario dimostrare che la missiva trasmessa ordini la commissione di reati o contenga espliciti messaggi rivolti ad altri partecipi della organizzazione, ma è sufficiente che elementi concreti facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura e temere che il detenuto abbia voluto trasmettere un messaggio”.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al versamento della somma di 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.