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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

"Sono incensurato e malato, non potete espellermi", ma in aula spuntano condanne e la possibilità di cura nel proprio Paese

Il Tribunale amministrativo respinge il ricorso contro il diniego di rilascio del permesso di soggiorno

Si oppone all’espulsione perché malato e costretto a seguire una terapia per l’Hiv, per la Questura e il Ministero dell’Interno ha così tani alias e condanne che costituisce un pericolo. Quanto alle cure mediche l’ambasciata assicura che le potrà ottenere anche in Patria.

Il caso è stato discusso davanti al Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria. Il ricorrente, difeso dagli avvocati Teresa Fezzigna e Giuseppe Alfì, chiedeva l’annullamento dell’atto con il quale gli era stato negato il permesso di soggiorno per motivi di cure mediche.

Il ricorrente, giunto in Italia con un visto Schengen, ha sostenuto di avere svolto varie attività lavorative in modo irregolare, non avendo il permesso di soggiorno, ma di non avere carichi pendenti e di essere in cura presso le strutture sanitarie pubbliche di Perugia. Proprio per questo motivo sarebbe ingiusto negargli il permesso di soggiorno, dovendo effettuare elle cure particolari per malattie infettive. Con l’espulsione “potrebbe subire un irreparabile pregiudizio, dovendo tale garanzia comprendere non solo le prestazioni di pronto soccorso e di medicina d’urgenza ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita”.

La Questura e il Ministero dell’Interno hanno evidenziato “come l’interessato abbia in passato fornito false generalità e risulti – sotto altro nome – più volte condannato per spaccio di stupefacenti nell’ambito di una più ampia organizzazione criminale; pertanto, la circostanza che dai certificati del casellario giudiziale forniti dall’odierno ricorrente risulti l’assenza di precedenti è dovuta alla disinvoltura con cui l’interessato ha cambiato generalità, nel corso del tempo, per sottrarsi alle conseguenze delle proprie condotte”.

Depositata anche la risposta dell’ambasciata sulla “possibilità o meno di proseguire le terapie” nel proprio Paese. Secondo l’ambasciata “è possibile ricevere, presso quasi tutte le strutture ospedaliere, le analoghe cure fruibili nel nostro Paese e che i medici che operano in tale Paese sono stati tutti formati all’estero”.

Per i giudici amministrativi il ricorso si presenta infondato in quanto il diritto alla salute del ricorrente non viene messo in discussione dall’espulsione soprattutto se “le cure di cui necessita il ricorrente possono essere fornite anche nel Paese di origine”. Ne consegue il rigetto del ricorso e l’esecutività del provvedimento.

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