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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Tuoro sul Trasimeno

Entra nella proprietà privata per raccogliere more e precipita in un pozzo nascosto dai rovi: condannato il proprietario del terreno

Assolto l'altro fratello imputato di omicidio colposo. La vittima era deceduta per annegamento non essendo riuscita a risalire dall'apertura dopo la caduta

Una condanna a sei mesi di reclusione e una assoluzione. È quanto ha deciso il giudice nei confronti di due fratelli, proprietari di un terreno a Tuoro sul Trasimeno, dove un uomo era deceduto dopo essere entrato da un taglio nella recinzione per raccogliere le more ed era finito in un pozzo nascosto dalla vegetazione.

L’incidente mortale era avvenuto il 30 luglio del 2018 a Tuoro sul Trasimeno. L’uomo, un albanese di 77 anni, era stato trovato morto sul fondo di un pozzo artesiano abbandonato, profondo oltre 4 metri e coperto di rovi.

Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Perugia la vittima era uscita per fare una passeggiata di prima mattina, poi passando davanti al cancello socchiuso che delimitava una proprietà privata di due fratelli, uno disabile e l’altro che vive fuori regione, aveva visto un roveto con le more e aveva deciso di coglierne un po’.

L’uomo era entrato nella proprietà privata e nel raccogliere le more non aveva visto il pozzo aperto, nascosto proprio dai rovi, cadendovi all’interno. La famiglia, allarmata per il suo mancato rientro, aveva chiamato i Carabinieri. Il corpo dell’uomo era stato ritrovato dai Vigili del fuoco e recuperato in fondo al pozzo. Sul ciglio dell'apertura dove il 77enne era precipitato venne anche ritrovato il sacchetto di plastica contenente i frutti di bosco che stava raccogliendo.

La Procura di Perugia ha portato davanti al giudice, con l’accusa di omicidio colposo, due fratelli, difesi dagli avvocati Alessio Pottini e Maria Laura Antonini, in quanto proprietari del terreno “ove è situato il pozzo abbandonato escavato a mano” per un diametro di 1 metro e mezzo e profondo 4 metri e 40 centimetri, “con pareti rivestite in pietra”. I due fratelli, che avevano affidato a una persona del posto la manutenzione e il controllo del lucchetto al cancello che veniva violato costantemente, “per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, negligenza” e violando la normativa sui pozzi, avrebbero cagionato la morte dell’uomo, in quanto avrebbero omesso di “riempire e sigillare il pozzo abbandonato, nonché omettevano di proteggere il pozzo con chiusura, di tenerlo pulito dalla vegetazione e di renderlo inaccessibile”.

La mancata manutenzione e messa in sicurezza, secondo l’accusa, avrebbe reso impossibile alla vittima “mentre era intento a raccogliere le more in prossimità del pozzo” di avvedersi del pericolo, perché il pozzo era “non visibile in quanto completamente coperto di rovi”. La vittima “vi cadeva all’interno e decedeva per asfissia acuta meccanica violenta da annegamento”.

La moglie e i figli dell’uomo si erano costituiti parte civile tramite l’avvocato Marco Cocchi. Il responsabile civile era assistito dall’avvocato Ulisse Bardani. Al termine del processo il giudice ha assolto il fratello disabile e condannato l’altro a sei mesi di reclusione, con pena sospesa, per omicidio colposo per effetto dell’omesso controllo sulla proprietà.

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