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Terrorismo, 20 anni fa il sacrificio di Emanuele Petri. La vedova Alma: "Il dolore è sempre lo stesso"

Doppia cerimonia a Castiglion Fiorentino e a Tuoro alla presenza del capo della polizia, Giannini: "Il suo sacrificio ha posto fine alle Nuove Br"

Ad Alma Petri, i ragazzi della scuola "Birago" di Tuoro hanno regalato un quadro fatto da loro. Un insieme di immagini e disegni, tra cui spicca il ritratto di Emanuele, il sovrintendente capo della polfer, ucciso esattamente 20 anni fa in un conflitto a fuoco sul treno Roma-Firenze. A fare fuoco due terroristi delle Nuove Brigate rosse, Mario Gallesi e Nadia Desdemona Lioce. Il primo, ferito, morirà in ospedale, Lioce, invece, è stata condannata all'ergastolo. Il ritratto è quello diventato tristemente celebre, della foto che più diffusa del sovrintendente, una foto simbolo di dedizione e sacrificio, a cui oggi, i massimi vertici della polizia e le istituzioni, presenti anche i sottosegretari all'Interno, Emanuele Prisco e Nicola Molteni.

Quella domenica di 20 anni fa, Emanuele Petri neanche doveva essere in servizio, aveva cambiato turno perché il lunedì successivo avrebbe dovuto accompagnare un amico carabinierie, rimasto gravemente ferito in un incidente, a fare fisoterapia. Sul treno Roma-Firenze, Petri controlla i documenti di due passeggeri, un uomo e una donna, e si accorge che qualcosa non quadra. "Era domenica, sarebbero dovuti tornare a casa per pranzo, per mangiare il piatto buono della domenica" ha ricordato il capo della polizia, Lamberto Giannini, ma quel piatto buono non lo hanno mangiato perchè "sono stati dei bravi poliziotti". I documenti di identità avevano dei numeri seriali praticamente identici. Una stranezza che Petri stava segnalando alla centrale per una verifica, quando si è trovato una pistola puntata alla gola. Nella colluttazione che ne seguì, venne ferito a morte. Ferito anche un altro agente che faceva parte della pattuglia. Nadia Lioce venne bloccata e arrestata. Il sacrificio di Petri, ha ricordato il capo della polizia, ha rappresentato la fine del nuovo terrorismo di matrice brigatistica, una scia di sangue inaugurata con gli agguati a D'Antona e Biagi e, ha confermato il prefetto Franco Gabrielli, che all'epoca guidava la digos di Roma e di cui Giannini era un funzionario, nel covo del gruppo sono state ritrovate le inchieste che avrebbero potuto portare ad altre azioni. Gabrielli, ex capo della polizia, è stato chiamato sul palco dal suo successore, con uno strappo al cerimoniale, “perché è un momento molto particolare, molto intenso per me”, E insieme hanno ricordato quel giorno. "Purtroppo, si era verificato qualcosa che avevamo temuto. Erano stati individuati i brigatisti, però, qualcuno avrebbe dovuto bloccarli. E lo hanno fatto Emanuele Petri con i suoi colleghi e lo hanno fatto da bravi poliziotti, da poliziotti che una domenica escono, vanno di pattuglia, stanno sui treni, controllano i cittadini, fanno la loro routine. Devono tornare a mangiare il piatto buono della domenica, ma questo non capita perché sono bravi poliziotti e capiscono che c’è qualcosa che non va nella serialità dei documenti, poi dentro al covo trovammo tutto lo stock dei documenti contraffatti, e agiscono. Fermano le Brigate Rosse e riescono certamente a evitare e concludere una scia di sangue" ha sottolineato Giannini.

Emanuele Petri, cerimonia a Tuoro a venti anni dalla morte

 “Emanuele Petri merita questo ricordo, i nostri caduti sono la carne viva della nostra amministrazione, persone a cui ci ispiriamo per fare questo. Sono contento ed orgoglioso di essere qui con il prefetto Gabrielli con cui abbiamo attraversato questo percorso importante. Perché è un grande segno di continuità essere qui insieme per ricordare Emanuele Petri” ha aggiunto ancora il capo della polizia, sottolineando l'importanza dell'iniziativa commemorativa che si è arricchita di un libro che racconta la storia di Petri, dal titolo "Un poliziotto di nome Lele", curato dalla scrittrice Cinzia Corneli, dal giornalista Giovanni Bianconi e dall’Ispettore di Polizia Ugo Bonelli. In mattinata la cerimonia commemorativa aveva preso il via da Castiglion Fiorentino, dove Petri venne ucciso. "Non odio nessuno, ma chi sbaglia deve pagare” aveva detto Alma Petri,. "Mi sembra impossibile che siano passati vent’anni, il dolore è sempre lo stesso. Oggi sono impegnata nelle scuole con i ragazzi affinché la storia di Emanuele sia d’esempio”.  Subito dopo la morte di Petri i detenuti della Casa circondariale di Arezzo scrissero alla famiglia un messaggio di vicinanza. Oggi la famiglia Petri ha donato al carcere di Arezzo un defibrillatore, in segno di ringraziamento. Il figlio di Emanuele e Alma, Angelo, proprio pochi mesi dopo la morte del padre, indossò la divisa della polizia, la divisa della "famiglia" che i Petri continuano a onorare ogni giorno.

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