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PERUGINERIE Le tradizioni per salutare l’anno vecchio e accogliere quello nuovo

Il nostro Inviato Cittadino racconta le tradizioni perugine per il Capodanno, rustiche e urbane

Le tradizioni (rustiche e urbane) per salutare l’anno vecchio e accogliere quello nuovo. Più che fuochi d’artificio, specie in campagna, si sparavano, un tempo, fucilate a salve. Il fucile (comunemente detto SCHIOPPO) era, infatti, un oggetto normalmente posseduto anche nelle case più modeste e veniva utilizzato per la pratica indiscriminata della caccia, spesso senza licenza.

Era comune anche l’abitudine dei FALONI, ossia i fuochi accesi intorno alla mezzanotte.

In qualche caso si bruciava il BUCCIOTTO (“pupazzo”) di pezza, riempito di paglia, simboleggiante l’anno vecchio. Altra pratica ricorrente era quella del SEGALAVECCHIA, rituale recitato da compagnie di soli uomini. In questo caso la VECCHIA da ammazzare simboleggiava l’anno vecchio, col suo carico di miserie e malanni, auspicando benessere e prosperità. Ricordo che una rivisitazione della rustica atellana venne effettuata da La Fonte Maggiore di Sergio Ragni e Giampiero Frondini. Esiste anche un’interessante variante magionese.

Era anche usuale azzardare previsioni da parte di persone ritenute STREGONE/STRÒLL(E)CHE, cui però si assegnava un credito limitato (disegno in pagina di Claudio Ferracci).

È ormai superata – ma un tempo risultava diffusissima – la cattiva abitudine di gettare dalle finestre gli oggetti vecchi e rotti, come piatti STEJATI (“scheggiati”), pentole ABOZZATE (“ammaccate”), bicchieri SGREJATI (“incrinati”). Più d’una volta, qualche passante è rimasto colpito da oggetti contundenti in caduta libera.

Per i Borghi perugini, fino a tutti gli anni ’50, dopo la mezzanotte, non si riusciva a transitare con le auto, pena il rischio concreto di BUCÀ LE GOMME (“forare gli pneumatici”).

Tanto lavoro per gli scopini che passavano col bidoncino a ruote, riempito fino al gozzo, facendo più “viaggi” per smaltire vetri e cocci.

Nelle sale da ballo era anche diffuso il veglione, con elezione della miss, votata “a caramelle” dai vari cavalieri. Si trattava di una specie di gara consistente nel far vincere la ragazza per la quale si faceva il tifo. I vari cavalieri, che ci ballavano, offrivano come omaggio qualche caramella che la fanciulla riponeva in una busta. Dopo la mezzanotte, si procedeva alla conta delle caramelle e si assegnava la palma di miss a colei che aveva cumulato un punteggio più alto. Le mamme, naturalmente, esibivano la figlia vincitrice auspicando che potesse essere impalmata da un giovane benestante, assicurandosi un futuro di prosperità.

(una nota a parte su “quil che se magnava”).

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