INVIATO CITTADINO Il peccato originale di essere italiano
Fanno chiudere la mia Associazione lasciando mano libera agli stranieri. Dire “Non è giusto” è poco. Parola di Antonio Lusi
Parla il fondatore e presidente del Circolo socio-culturale Mirò.
“Ci hanno tormentati, perseguitati, multati per motivi ingiusti e pretestuosi. Costretti alla chiusura. Mentre altri vendono birra, accendono fuochi dove è vietato (nella corrente stagione), commerciano e somministrano alimenti e bevande senza licenze e in completa assenza di norme igieniche”.
Non ci sta Lusi, già titolare del bar ubicato nello stabile comunale, realizzato con lavoro volontario dai soci fondatori del Circolo Anziani.
Poi, dopo la crisi e l’abbandono, arriva Antonio Lusi con la moglie Monica. Ripuliscono e manutengono il parco, ma non godono della simpatia di qualche residente di prossimità. Che rimprovera loro volumi eccessivi (il sabato, ogni tanto) peraltro mai riscontrati in misura straordinaria dalle verifiche dell’Arpa.
Insomma: il parco è cosa/casa loro e non vogliono presenze rumorose.
Forse erano preferibili le presenze, silenziose e omertose, degli spacciatori?
Sta di fatto che la “persecuzione” è continua. Denunce, interventi di Polizia di Stato e Municipale per presunte violazioni di norme. “Presunte”, sostengono i Lusi.
Tra le quali la più recente (aver venduto una bibita a un non-socio) comporta una sanzione di ben 5000 euro e la conseguente chiusura del Circolo. Con danno a carico dei frequentatori, anziani e bambini, che prendevano, che so, un gelato o un sacchetto di patatine. Reato gravissimo.
Non sei socio? Devi morire di fame e di sete. Roba da Medioevo, con tutto il rispetto per quel periodo.
Ma l’accusa è falsa, falsissima, controbatte Lusi.
Sta di fatto che Lusi e Mirò sono fuori gioco, ma le cose, addirittura, peggiorano.
Come è vero che domenica, intorno all’ora di pranzo, uno stuolo di sudamericani ha acceso barbecue e venduto panini, arrosti e birra a go-go. Rigorosamente Peroni – dice chi li conosce – in formato 66 cl.
Hanno portato sedie e tavoli, hanno pasteggiato e fatto festa. Niente di male, intendiamoci. Perché – dice Lusi – tutto questo era vietato a un italiano, ma concesso ad altri?
La cosa è andata avanti per tutto il pomeriggio. Finché qualcuno ha chiamato la Municipale che non ha assicurato (dato il festivo) l’intervento. Chissà – dice Lusi – se sono stati così tempestivi e zelanti, come lo sono stati più volte con noi.
Insomma: come per il rumore, anche per il commercio, a Perugia si fanno figli e figliastri. Anzi: trovatelli e figliocci.
INVIATO CITTADINO. Per la rumorosità di certi eventi, a Perugia si fanno figli e figliastri
Quello che a noi Italiani è vietato, può essere tranquillamente fatto da stranieri?
“Intendiamoci – precisa Lusi – nessun atteggiamento razzista”.
“Ma – precisa – nemmeno l’accettazione supina di un’ingiustizia. Una discriminazione alla rovescia”.
Insomma: essere italiano… non conviene