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Domenica, 28 Aprile 2024
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"Il sangue delle donne", nuova edizione per il libro di Alvaro Fiorucci

A dieci anni dalla prima uscita, il libro è arricchito dalle analisi che del fenomeno fanno il procuratore generale della repubblica Sergio Sottani, la sociologa Silvia Fornari e il responsabile dello sportello perugino degli uomini maltrattanti Federico De Salvo.

A dieci anni dalla prima uscita  è nelle librerie e negli store online una nuova edizione de “Il sangue delle donne - cronache dal Codice Rosso” di Alvaro Fiorucci pubblicato da Morlacchi Editore. Oltre alle cronache aggiornate  dei casi di femminicidio avvenuti in Umbria (oltre 50) il volume è arricchito dalle analisi che del fenomeno fanno il procuratore generale della repubblica Sergio Sottani, la sociologa Silvia Fornari e il responsabile dello sportello perugino degli uomini maltrattanti Federico De Salvo.

Contributi che, approfondendo i casi, consentono al lettore una compiuta comprensione delle dinamiche culturali, sociali e politiche a compendo del  necessario racconto cronachistico cronaca da cui tutto inizia.

Di seguito uno stralcio dell’intervento del magistrato Sergio Sottani.

“La repressione penale da sola non basta ad arginare il fenomeno criminale. Così come la prevenzione non può limitarsi alla pur doverosa attività delle forze di polizia, che si manifesta, ad esempio, con l’utile strumento dell’ammonimento del Questore. Altrettanto opportuna l’estensione anche ai soggetti violenti di misure di prevenzione, quali la sorveglianza speciale e l’obbligo di soggiorno. La prevenzione deve essere anche e, direi, soprattutto di ordine culturale. Un mutamento di modelli di riferimento, di codici di comportamento, di grammatica del vivere e di sintassi comunicativa. Un cambiamento che deve coinvolgere il ruolo educativo della scuola ma che non può prescindere da un ribaltamento del paradigma funzionale dei ruoli all’interno della famiglia, sia essa tradizionale o liquida. Nell’esame percentuale dei più gravi delitti contro la persona, troppo spesso i legami di sangue diventano il teatro per la commissione di crimini di sangue. [...]

Da qui la triade su intervenire: cultura, linguaggio e diritto. [...] Sorge ineludibile la necessità di espungere dal linguaggio giuridico, ma anche da quello dei media, l'elenco di parole da bollino rosso, quali «buon padre di famiglia», «perizia dell’uomo medio», “dramma della gelosia”, “delitto passionale”, “raptus di follia”. Nel decalogo contro gli stereotipi di genere diventano “vietate” espressioni come amore malato, raptus, follia, lei lo tradiva, se l'è cercata, perché lei non lo ha lasciato? era un bravo ragazzo, un padre buono e così via. [...] Una cultura che superi la rappresentazione della donna come soggetto debole, per intrinseca conformazione biologica, quando invece la connotazione della violenza di genere è la circostanza secondo cui la donna assume la condizione di soggetto vulnerabile [...] Il comportamento violento infatti crediamo, ed è ciò che muove il nostro lavoro nel concreto, che sia una risposta disadattiva all’incapacità di tollerare la frustrazione generata da difficoltà personali di varia natura, sostenuta da stereotipi di genere ormai radicati ai quali consapevolmente o meno molti uomini, con caratteristiche molto diverse tra loro, aderiscono>>. Anche della sociologa Silvia Fornari abbiamo preso soltanto alcuni passaggi. << Alvaro Fiorucci da esperto giornalista di cronaca nera, nella riedizione del libro “Il sangue delle donne” ripropone le storie e le dinamiche dei tanti femminicidi avvenuti nella nostra Regione, decidendo, a distanza di dieci anni dalla sua pubblicazione di aggiorna il volume con altre storie di donne che ora non ci sono più. Storie di donne che escono dai fatti di cronaca di cui abbiamo sentito parlare e di cui non ricordiamo più i nomi, se non quelli dei casi più efferati e di cui ancora non tutto è stato chiarito tranne la assenza di queste donne, madri, figlie . Siamo così abituate a leggere nomi di donne in questi lunghi elenchi che a fine di ogni anno vengono ricordati per tenere a mente che ancora i numeri sono superiori a cento e che il trend si assesta, ma non si assiste al suo calo. Un conteggio a cui ormai sembriamo assuefatti/e, bambine, ragazze e donne giovani o anziane, i loro nomi entrano in un database del Ministero della Giustizia, in quello dell’ISTAT e di altri centri di ricerca che ufficializzano la somma finale. Poi dal primo gennaio dell’anno successivo si riparte dal primo femminicidio e quello che concluderà il conteggio di fine anno. Dietro quei numeri ci sono le storie delle donne in cui spesso è possibile rintracciare le problematiche, le debolezze e i desideri che le accomunano, anche nei modi in cui sono state uccise. Ciò che le accomuna, per la maggior parte è il legame con la persona che ha deciso di eliminarle, uomini ancora legate a loro, o ex, di cui ci si fidava o di cui si aveva paura. Anche le donne che avevano avuto il coraggio di chiedere aiuto e di allontanarsi dalla condizione di dominio e violenza, non è bastato a salvarle. Così qualcuno/a parla di “mattanza”, accrescendo il senso di livore e odio che ha portato all’estremo un conflitto tra due persone in relazione, come descritto e raccontato tra le righe di questo volume“.

Federico De Salvo indica alcune linee di tendenza che vede dallo sportello degli uomini maltrattanti: “Molto spesso ci siamo trovati di fronte alla necessità di spiegare quali siano le modalità di intervento, gli obiettivi e i risultati attesi in questi “nuovi” percorsi che vedono al centro la figura dei maltrattanti ed il conseguente programma di rieducazione.  Il nostro sportello, parte da tre presupposti semplici: la necessità di prevenire la violenza in tutte le sue forme, favorire la protezione di coloro che la subiscono e concentrarsi su quelli che sono gli autori del reato, poiché crediamo che questo sia l’unico modo per modificare ad un livello profondo i modelli comportamentali violenti. Quello che noi cerchiamo di ottenere è infatti un cambiamento radicale, grazie a una maggiore consapevolezza, nelle relazioni interpersonali al fine di prevenire nuove violenze e recidive, modificando quelli che sono i comportamenti violenti in profondità e avendo sempre come priorità la sicurezza e i diritti delle vittime”.

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