rotate-mobile
Cultura

LETTI PER VOI Franco Venanti fra Tucidide e Adriano nel suo ‘Alfabeto, i due universi’

I due universi sono quelli del suo mondo di collezionismo e dell’autoanalisi etico-filosofica

Franco Venanti fra Tucidide e Adriano nel suo ‘Alfabeto, i due universi’ (Futura Libri, edizione non venale, con una nota di Maria Antonietta Gargiulo e foto d’ambiente in b/n).

I due universi sono quelli del suo mondo di collezionismo e dell’autoanalisi etico-filosofica. Il fuori e il dentro, per dirla semplicemente.

L’esergo dichiara inequivocabilmente la natura dell’aureo libretto: “Dedico questi miei racconti e riflessioni a tutti coloro che hanno aperto gli occhi su questo pianeta e hanno cercato e cercano il perché della loro esistenza”.

Franco prende a pretesto, per l’abbrivio di ogni racconto, qualcuno degli oggetti dei quali ama circondarsi: un bozzetto dello zio Angelo Biscarini, una pistola del Seicento, una foto della vecchia Perugia, un telescopio, due calchi in gesso, una crocifissione, una radio di marca Geloso, un meteorite, il libro dei ‘Pensieri’ di Marco Aurelio.

Tutto costituisce l’innesco per racconti che si direbbero d’affabulazione, se i personaggi non fossero reali. Ce ne sono alcuni, quello del babbo Domenico, Nerina (quasi leopardiana), la sartina Giustina, che meritano un servizio a sé.

Poi un po’ di affetti, con uno spazio d’elezione all’adorato nipotino Dario e ai suoi tanti “perché”. Dall’uccisione della zanzara alla scelta (animalista?) di rifiutare la bistecchina d’agnello. Storie di ordinaria quotidianità. Ma di straordinaria umanità.

Personaggi minimi e massimi, come l’omaggio al nostro esploratore Orazio Antinori.

E poi la seconda parte, più profonda e riflessiva. Considerazioni sulla guerra che si rivelano di un’attualità sorprendente. È una vecchia tesi, quella di Franco, che l’uomo ha bisogno di conflitti e la vita è una lotta. È impossibile non cogliere in tutto questo lo spirito profetico dell’artista. Se ‘profetico’ significa “detto una volta sola, per sempre, per tutti”.

Riflessioni sulla giustizia, sui compromessi (caro Franco, non mi risulta che tu ne abbia accettato nemmeno uno!). E poi Dio, in cui tu credi fermamente. A modo tuo, s’intende. Da credente profondo, non baciapile.

Quindi l’eterno quesito: “Esiste solo ciò che percepiamo?”. È stato detto che “la vita è sogno” e pure “ombra di un sogno è la vita”, che è ancora definizione più impalpabile. E nessuno ha mai avuto il coraggio di smentire Pindaro o Calderon.

Ti domandi, Franco, “cosa ci nasconde il cielo”. Quel cielo che ogni notte, prima di dormire, non ti stanchi di guardare cercandoci un segno, una conferma alla tua inesausta indagine interiore. In applicazione del detto “Conosci te stesso”, che hai imparato nei tuoi studi liceali. Ma sappiamo che è più intellegibile la struttura dell’atomo che l’abisso dell’animo umano. Dove ti gira la testa a guardarci dentro.

E quando affermi “il passato ci appartiene e ci avvolge”, dici il vero. Ma il bello è che tu, caro Franco, non sei un nostalgico “laudator temporis acti”, pur avendo tutte le ragioni per esserlo. Mi meravigli ogni volta con un tuo scritto, con una tua telefonata, per l’acume con cui prefiguri scenari futuri di cultura e umanità. Terribili, o forse anche consolatori. Sempre grandiosi. Perché delle cose grandi – come il destino degli uomini – e bene che si parli in grande. O se ne taccia. “In grande” significa con l’innocenza e la profondità dell’artista.

Direi che mentre ci racconti il tuo passato, ci insegni ad orientarci nel futuro. E, credimi, amico lettore, non è poco. Ecco perché gli scritti di Venanti hanno l’acribia di Tucidide e la profondità delle riflessioni di Adriano. Forse non quello della storia. Certo quello della Yourcenar. Mi piace, caro Franco, sentirmi il tuo Marc’Aurelio.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

LETTI PER VOI Franco Venanti fra Tucidide e Adriano nel suo ‘Alfabeto, i due universi’

PerugiaToday è in caricamento