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Economia Gubbio

Rifiuti trattati nelle cementerie di Gubbio, i comitati provano la carta della diffida inviata in Procura e alle istituzioni

Obiettivo: sottoporre immediatamente le due cementerie di Gubbio, Colacem e Barbetti, a valutazione di impatto ambientale

Riceviamo e pubblichiamo la nota dei comitati e delle associazioni verdi contro l'utilizzo di rifiuti trattati come carburante per i forni delle cementerie. Presentata alle istituzioni e alla Procura una diffida da sottoporre immediatamente le due cementerie di Gubbio, Colacem e Barbetti, a valutazione di impatto ambientale.

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di Comitato della Conca Eugubina, Comitato NO CSS nelle Cementerie, Comitato Gubbio Salute Ambiente, Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero Aps e WWF Perugia 

Comitato della Conca Eugubina, Comitato NO CSS nelle Cementerie, Comitato Gubbio Salute Ambiente, Coordinamento Regionale Umbria Rifiuti Zero Aps e WWF Perugia, con gli avvocati Paola Nuti, Elisabetta Parisi e Valeria Passeri, hanno appena spedito a Regione, Provincia di Perugia, Arpa, Usl, Comune di Gubbio, compresi i Ministeri della Salute e dell'Ambiente, nonché alla Procura, una diffida a sottoporre immediatamente le due cementerie di Gubbio, Colacem e Barbetti, a valutazione di impatto ambientale.

Non tanto per l'ultima autorizzazione del 29 dicembre scorso a bruciare un complessivo di 100 mila tonnellate all'anno di combustibile solido secondario (la gran parte dell'indifferenziata, che, seppure trattata, resta sempre rifiuto), bensì per le pregresse autorizzazioni rilasciate nel corso del tempo, dalla Provincia, prima, dalla Regione, dopo, che hanno permesso ai due opifici Eugubini di ampliare, progressivamente, la qualità e quantità di combustibili per la produzione del clinker (materia prima da cui si produce il cemento tipo Portland). La procedura di V.I.A. avrebbe dovuto essere svolta già a partire dal 1989, data di entrata in vigore del DPCM 27 dicembre 1988, che l'ha introdotta.

Al contrario, mai sono stati valutati: l'effetto combinato e complessivo degli inquinanti tra i due cementifici, a poca distanza l'uno dall'altro, in una conca intramontana che limita la dispersione delle emissioni, le ricadute sulla salute della popolazione (malattie neoplastiche, malattie acute cardio-cerebrovascolari e cronico degenerative) sull'economia locale, non basata solo sul cemento, ma anche di agricoltura biologica, apicoltura, turismo e cultura, oltre che di attività legate al turismo mistico-religioso nella terra di San Francesco.

Per le associazioni firmatarie, dunque, vi è un vizio di fondo, perdurante da più di trent’anni, che inficia tutta l'attività autorizzativa presente e passata: l'omessa valutazione di impatto ambientale, che, di conseguenza rende illegittima, per ricaduta, anche l'ultima autorizzazione all'utilizzo del combustibile solido secondario (CSS). Pertanto, le associazioni ambientaliste diffidano, in primis, la Regione, quale ente competente oggi, ad effettuare immediatamente la valutazione di impatto ambientale per i rinnovi autorizzativi pregressi e per quello appena rilasciato all'uso del combustibile solido secondario.

In difetto, le stesse si riservano di agire nelle sedi giudiziarie opportune, anche al fine di far valere la grave omissione istituzionale, quella, appunto, della valutazione d'impatto ambientale, tale da determinare la mancanza di certezze su ambiente e salute. Non possiamo permettere che una delle città medioevali più belle al mondo degradi a centro di smaltimento dei rifiuti, dei quali non è neppure dato conoscere la provenienza, solo perché ora si chiamano (per decreto legge) combustibili solidi secondari.
 

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