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Cronaca

"Te ne sei andato senza finire i lavori", "Mi devi ancora pagare": 20 anni di processi per un cantiere edile abbandonato

La Cassazione annulla il giudizio civile e rimanda gli atti alla Corte d'appello di Perugia per una nuova sentenza

Venti anni in tribunale per un cantiere edile controverso, con la committente che era finito sotto processo per esercizio arbitrario delle proprie ragioni (in sede penale) e che si era visto recapitare un decreto ingiuntivo per non aver pagato l’imprenditore edile (in sede civile). Adesso, dopo 20 anni e diverse condanne (penali e civili) la Cassazione stabilisce che aveva ragione la committente a non pagare per l’abbandono ingiustificato del cantiere da parte degli operai.

La committente si è rivolta alla Cassazione, come ultimo atto del giudizio, contro il decreto ingiuntivo per il pagamento di 27.849,55 euro a favore dell’imprenditore edile “quale corrispettivo di un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di alcuni lavori e opere edìli”, chiedendo il riconsocimento della “risoluzione del contratto per fatto o colpa dell’appaltatore o la risoluzione di diritto per inadempimento di quest’ultimo”.

Il Tribunale di Perugia “accorpando per ragioni di opportunità espositiva lo scrutinio dei motivi di gravame, in adesione alla pronuncia di primo grado, alla luce dell’attività istruttoria svolta (interrogatorio formale delle parti , escussione di testimoni ed espletamento di una ctu, volta a individuare i lavori eseguiti dall’impresa ... presso la proprietà .., il corrispettivo per i lavori eseguiti, gli atti amministrativi necessari per l’esecuzione e ultimazione dei lavori, i danni o il degrado subiti dall’immobile in conseguenza dell’interruzione dei lavori)” aveva “escluso l’inadempimento e l’abbandono del cantiere da parte dell’impresa appaltatrice”.

Per i giudici di Cassazione, però, “i motivi di appello proposti dalla ricorrente erano sufficientemente specifici e attingevano la ratio decidendi della sentenza di primo grado: in sostanza, criticavano tutto quanto l’impianto argomentativo della decisione del Tribunale di Perugia al fine di ottenere il rigetto della domanda dell’appaltatore, la declaratoria di risoluzione del contratto per fatto e colpa o per inadempimento di quest’ultimo e la condanna dell’appellato al risarcimento dei danni”. Sulla base dell’ammissibilità del ricorso la Cassazione ha accolto le richieste della committente, cassato il giudizio di condanna e rimesso gli atti di nuovo alla Corte d’appello per un nuovo giudizio.

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