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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

"Punire cristiani, ebrei e musulmani che non seguono il Corano", in sei sotto processo per terrorismo

Uno degli imputati è detenuto in Francia per omicidio. Nelle carte dell'accusa: "Volevano colpire il Papa". Cacciati da altri luoghi di culto islamici perché troppo radicalizzati

Avrebbero inneggiato alla guerra santa e fatto proselitismo, minacciando attentati per colpire cristiani, ebrei e musulmani non apostati. In sei sono finiti sotto processo per terrorismo propagandato sul web tramite post e video.

Due marocchini di 34 e 36 anni e un albanese di 49 sono accusati di aver istigato “alla commissione di delitti con finalità di terrorismo, in particolare mediante la pubblicazione di post e video sulla rete internet”, soprattutto sui social con post nei quali “inneggiava e fomentava sentimenti antidemocratici di odio religioso nei confronti di cristiani, ebrei e musulmani ritenuti apostati di diverso orientamento ideologico/religioso e di esaltazione del jihad (guerra santa) e del martirio, valori dell’ideologia dei gruppi terroristici islamici e strumenti per perseguire, anche attraverso atti violenti, l’applicazione della legge islamica e della religione islamica radicale quale unico stile di vita” e facendo “apologia e propagandando idee fondate sull’odio religioso”.

L’albanese era stato allontanato da un centro di culto islamico nella provincia di Perugia per il suo “”comportamento ritenuto eccessivamente intransigente e radicale”, per poi spostarsi in un altro centro dove “avrebbe cooptato fedeli musulmani di giovane età instradandoli ai rigidi dettami coranici, alimentando in loro un sentimento d’intolleranza religiosa”. In particolare avrebbe “favorito la radicalizzazione di tre fratelli”, tra gli imputati nel processo, uno dei quali avrebbe manifestato “le proprie derive oltranziste” contestando ad amici e parenti “l’atteggiamento non congruo ai rigidi dettami coranici”.

Fatti accertati dagli investigatori tra il mese di settembre del 2012 il giugno del 2019 e per i quali si contesta anche l’aggravante “di aver realizzato i fatti attraverso strumenti informatici e telematici” in relazione a delitti con finalità di terrorismo. In particolare avevano destato allarme alcuni video contro il re del Marocco, in particolare contro la visita del Papa, accompagnati da insulti e minacce, nonché propositi di abbattere una monarchia che non rispetta i precetti del Corano.

I tre fratelli, insieme con un parente di 47 anni, sono anche accusati di aver organizzato, diretto, finanziato ed effettuato il trasporto in Italia “senza averne titolo di residenza permanente” di un altro cittadino marocchino, attualmente detenuto in Francia per omicidio, attraverso l’invio di denaro tramite un money point di proprietà dell’albanese, cioè la somma di 240 per il viaggio attraverso la frontiera di Ventimiglia e per poi averlo ospitato a Bastia Umbra a casa di uno di loro dal 10 al 18 febbraio del 2019. Tutti devono rispondere anche dell’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’attività di indagine era iniziata monitorando i profili social dei tre fratelli marocchini, dove erano stati pubblicati “in modalità pubblica e accessibile a tutti gli utenti, post (scritti, foto e video) in lingua araba dal quale emerge l’espressa condivisione dei capisaldi dell’ideologia fondamentalista delle frange violente dell’islamismo salafita, richiamando contenuti e commenti di propaganda di organizzazioni terroristiche islamiche e di esaltazione del jihad violento”. In particolare aveva destato l'attenzione un video in cui si minacciava di colpire il re del Marocco. Le difese hanno chiesto la nomina di un perito per la traduzione corretta di questi messaggi.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Beatrice Marini, Suzana Korriku, Domenico Naccari, Stefano Bigi e Gianni Dionigi.

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