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Cronaca

SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Chiacchiere, clausura forzata, virus e il desiderio di riempire le nostre vite

Inizia con questo articolo la collaborazione con Antonio Carlo Ponti, scrittore-giornalista-intellettuale, che darà vita alla rubrica Schegge. Carlo si è voluto rimettere in gioco all'età di 85 anni cimentandosi sull'online dopo essere stato uno dei fondatori del giornale di carta a livello locale. Buona Lettura! 

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di Antonio Carlo Ponti

«Che noia, che barba, che barba, che noia!» sbuffava Sandra Mondaini stanca di sere sempre uguali. Il tedium vitae può essere insostenibile. Ce ne siamo accorti durante la clausura forzata, nonostante avessimo tv, giornali di carta o on line, libri, enigmistica, chiacchiere famigliari, meditazioni, pisoli, esercizi fisici, passeggiatine col cane se uno ha il cane. Il fatto è che le proibizioni sono inaccettabili, dure, la vita contemporanea è fatta più di pieno che di vuoto, tutti noi fatti oggetto di sollecitazioni d’artificio, quasi sempre inutili. 

Ma la quotidianità la vince, così al di là di generiche commozioni di fronte ai camion militari stracolmi di salme anonime, persone morte in solitudine tragica e cattiva, si pensava anche: morte tua vita mia. Se uno ci pensa la vita medesima è una gran barba, anche se siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni. Ci sono il dottor Mengele e il dottor Schweitzer, il Male il Bene, in un eterno ritorno, dentro l’umano. 
 
Ma la noia compressa e imposta porta allo svago, a quello che Arthur Rimbaud chiamava il deragliamento dei sensi; dunque i giovani in specie se ne sbattono del rischio, appendono la mascherina al chiodo come i calciatori gli scarpini, si buttano nella movida con sprezzo spensierato. Belli e dannati. Ma il morbo è in agguato, la riapertura della scuola di ogni ordine e grado è un orizzonte di paura e la demagogia fa il resto. Compresi i virologi e gli epidemiologi che, divisi, spandono a destra e a manca o improvvidi messaggi dì ottimismo farlocco o scenari apocalittici. 

Un dato numerico è certo: più di 800.000 morti nel mondo. Sì, una quisquilia paragonati ai 54 milioni della Seconda guerra mondiale. Ma quante chiacchiere tutti i dì sui giornali, nei telegiornali, nei talk show, in rete, fra notizie vere, notizie quasi vere, e notizie false. Mai che a qualcuno di questi predicatori si affacci onestamente dalla memoria la preposizione 7 (l’ultima) del Tractatus logico-philosophicus (1921) di Ludwig Wittgenstein: «Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.».

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