Piazza Università a Perugia, quei blocchi di pietra bianca e rosa di Assisi, completamente distrutti
Da quando quella piazza è diventata sede del terminal di scambio tra automezzi e navette, quella parte della piazza è completamente sbriciolata
Piazza dell’Università a pezzi: chi paga? Quella piazza sulla quale si affaccia Palazzo Murena, col rettorato e la bella Cappella Vanvitelliana, l’hanno ridotta letteralmente a brandelli. La parte asfaltata è stata recentemente rifatta, così come la segnaletica verticale e orizzontale, la pensilina per l’attesa dei mezzi è nuova.
Ma c’è una parte consistente, quella realizzata in blocchi di pietra bianca e rosa di Assisi, che è penosamente sbriciolata. Fu il grande rettore Giuseppe Rufo Ermini a volerla e a farla realizzare in quel modo: una specie di tappeto di lusso che adducesse a quella che un tempo si chiamava Sede centrale dell’Università, e che ospitava anche le segreterie, oltre al rettorato.
Da quando quella piazza è diventata sede del terminal di scambio tra automezzi e navette (si fa per dire: si tratta di autobus più o meno di dimensioni standard, solo un po’ più corti) quella parte della piazza è completamente sbriciolata. L’impatto di quei bestioni ha massicciamente distrutto quel “tappeto” che serviva per accogliere degnamente gli ospiti.
Hanno anche provato a rimettere delle toppe di cemento per collegare quei frammenti che se ne vanno per proprio conto. Il risultato è stato esiziale, sul piano estetico, non meno che dal punto di vista funzionale. Riempire di vuoto quegli interstizi, per fare che? Aggiungendo bruttura a bruttura.
Ora, è sotto gli occhi di tutti la necessità di un ripristino. Ma da parte di chi? Deve rifarla l’Università? No di certo: casomai lo Studium, in questa situazione, è parte lesa. Allora l’onere spetta al Comune? Forse, almeno in parte. In quanto la sciagurata decisione di realizzare lì la zona di scambio – che tanti danni e disagi ha provocato – fa capo all’amministrazione comunale. Deve pagare l’Azienda trasporti, ossia LFI? Forse.
Una cosa è certa: in un modo o nell’altro, a pagare saranno sempre i cittadini. Torna così d’attualità il tormentone di Totò, in cui il comico napoletano ripete con sdegno: “E io pago!”.