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Cronaca

Verifiche fiscali dal pc di casa, dipendente condannato per aver incassato straordinari indebitamente

L'uomo accusato di accesso abusivo al "cassetto fiscale" di ignari cittadini e contribuenti. Per i giudici contabili c'è un danno d'immagine ed erariale, ma tagli il risarcimento

Accede al “cassetto fiscale” di ignari cittadini e contribuenti e fa passare il tutto come attività lavorativa per incassare straordinari e benefit, per la Corte dei conti sussiste il danno d’immagine ed erariale e lo condanna.

La Procura regionale della Corte dei conti ha citato in giudizio un dipendente pubblico, difeso dagli avvocati Giuseppe e Antonio Congiunti, “per sentirlo condannare al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, della somma di 6.401,73 euro, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giustizia” per essere entrato in maniera abusiva nel sistema informatico dell’Agenzia delle entrate, per motivi non ben chiari e non per lavoro, “con conseguenziale danno erariale derivante dalla percezione indebita della retribuzione (atteso che l’attività lavorativa sarebbe stata destinata a finalità non istituzionali) e da disservizio (ovverosia da mancato conseguimento del buon andamento dell’azione pubblica in ragione dei comportamenti violativi degli obblighi di servizio e delle fattispecie delittuose commesse, con disarticolazione dei moduli organizzativi e funzionali e mancato raggiungimento delle utilità previste in rapporto alle risorse impiegate)”.

Gli accessi abusivi avrebbero comportato un “danno da percezione di retribuzione indebita” che “è stato quantificato in 351,49 euro tenendo conto della tipologia di interrogazione (se singola o in sequenza)” e un danno da disservizio che “è stato quantificato in 6.050,24 euro”.

Il dipendente si è difeso sostenendo “di aver sempre lavorato proficuamente per l’Amministrazione (in alcune ipotesi anche in giorni prefestivi, festivi e sino a tarda serata), circostanza che emergerebbe da numerose attestazioni ricevute nel corso del servizio, tra cui anche quelle relative alla realizzazione degli obiettivi predeterminati dal datore di lavoro pubblico. Per tale ragione, non sarebbe configurabile il danno da disservizio”. Quanto “all’accesso abusivo a sistema informatico, rappresenta di essersi sempre avvalso dell’accesso per finalità istituzionali”.

Per i giudici contabili, però, nel corso del processo è emersa “la prova dell’esistenza di un’attività effettuata per perseguire, almeno in parte, finalità non istituzionali, ovverosia la dimostrazione di numerosi accessi al sistema informatico dell’Agenzia delle entrate per il tracciamento e il reperimento di ‘posizioni’ non curate dall’Ufficio di appartenenza”.

Non tocca alLa Corte dei conti stabilire eventuali risvolti penali dell’accesso abusivo (se ne occupa il Tribunale penale di Spoleto), ma per quanto riguarda il giudizio contabile emerge che “il convenuto ha dimostrato di essere un lavoratore molto produttivo, essendosi trattenuto spesso in ufficio anche al di fuori dell’orario di servizio, al fine di consentire all’ufficio di raggiungere i prefissati obiettivi di produttività”, ma le “condotte ascritte” determinano “un pregiudizio da indebita percezione della retribuzione dovuta, posta di danno, invero, nella quale converge e deve essere ricompreso il prospettato danno da disservizio. Un tanto al fine di escludere ogni inammissibile duplicazione risarcitoria”.

Da qui la decisione di condannare il dipendente, ma al risarcimento di soli 1.000 euro, nonché alle spese di giustizia quantificate in 308,96 euro.

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