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Cronaca

Accoltellamento al ristorante, uno degli accusati si difende: "Mi hanno costretto a salire in auto dicendomi che quelli mi uccidevano"

Udienza di convalida del fermo dei due stranieri che avrebbero partecipato all'aggressione in un locale del Trasimeno

“Se non sali in auto con noi quegli altri ti uccidono”. È solo questo che ha spinto l’egiziano fermato per il tentato omicidio dei ristoratori del Trasimeno aggrediti il 12 dicembre scorso.

L’uomo, difeso dall’avvocato Gianni Dionigi, era stato arrestato nell’immediatezza dei fatti e poi scarcerato dal gip per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Fermato di nuovo nella giornata di mercoledì, insieme a un connazionale indagato per gli stessi fatti, e alla ex moglie di uno degli aggrediti, è comparso di nuovo davanti al giudice e ha parlato, dicendo di essere quasi stato costretto dagli altri due connazionali (uno si trova già recluso) a salire nell’auto con la quale i tre uomini e la donna sono giunti sul luogo del delitto.

Dopo quanto avvenuto nel locale, “tutto ancora da chiarire se spedizione punitiva, aggressione premeditata, litigio o altro” ha specificato il difensore l’avvocato Gianni Dionigi, l’uomo non voleva neanche salire nell’auto, ma sarebbe stato convinto, se non costretto dai connazionali, salvo poi scendere dalla vettura prima che si scontrasse con quella della figlia di uno degli aggrediti che si stava recando a ristorante dopo aver ricevuto la notizia del ferimento del padre.

L'egiziano ha riferito al giudice di non aver partecipato alla rissa con accoltellamento, di essere andato lì con la scusa di mangiare una pizza, gli avrebbero detto i connazionali, ma non ha saputo spiegare perché una volta tornato a casa, grazie al passaggio di un conoscente, si sarebbe cambiato gli abiti. Forse per cancellare i segni della colluttazione e del ferimento dei gestori del locale.

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