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Cronaca

Liti, dispetti e denunce tra due famiglie per un confine: il Prefetto toglie licenza e armi

Per i giudici del Tar il provvedimento è corretto visto lo "stato di radicata conflittualità tra il ricorrente ed il vicino" che in più occasioni ha dato luogo a "vari episodi passibili di rilevanza penale"

Un confine conteso mette nei guai due intere famiglie, con denunce reciproche e porto d’armi ritirato. Solo che a quest’ultima iniziativa giudiziaria uno dei protagonisti non ci sta e si rivolge al Tribunale amministrativo regionale: la licenza di caccia non possono togliergliela.

L’uomo, assistito dagli avvocati Nada Lucaccioni e Marco Baldassarri, si è rivolto al Tar dopo che il Prefetto di Perugia gli ha vietato di detenere armi e munizioni e revocato la licenza di porto di fucile per uso venatorio. Provvedimento preso dopo l’ennesima denuncia per minacce nei confronti del “signor ..., suo vicino di casa, in relazione alla condotta minacciosa da lui tenuta nei suoi riguardi; con la stessa nota veniva fatto presente che dal 2007 si ripetono episodi che, prendendo origine da futili motivi o da violazioni di diritto legate ai confini di proprietà, sfociano in liti per le quali i predetti sporgono denunce querele per violenza privata, lesioni, percosse e minacce”.

Una situazione ben conosciuta dai Carabinieri che hanno “ulteriormente documentato lo stato di annosa conflittualità esistente, oltre che tra i predetti, anche tra i loro rispettivi nuclei familiari”.

Vista la situazione conflittuale e venendo a mancare “i requisiti soggettivi richiesti per la detenzione delle armi”, era stato deciso di procedere alla revoca della licenza e dei fucili custoditi in casa.

Per i giudici amministrativi, però, “attesa la sussistenza di una situazione di accesa conflittualità tra il ricorrente e altro nucleo familiare confinante, indice prognostico non irragionevole di possibili abusi del porto d’armi”, non si può correre il rischio di spiacevoli episodi, tanto più che lo “stato di radicata conflittualità tra il ricorrente ed il vicino che ha coinvolto i rispettivi nuclei familiari e non si è limitato ad una dialettica anche accesa ma è trasmodato in vari episodi passibili di rilevanza penale”. Per il Tar “il provvedimento prefettizio di divieto di detenzione delle armi, che come noto ha carattere cautelare e non sanzionatorio, risulta pienamente legittimo e finanche doveroso per proteggere la pubblica incolumità”.

Ricorso rigettato, quindi, e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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