Alzheimer, la scoperta dei ricercatori dell’Università di Perugia finanziata dalla fondazione dell’attore Michael J. Fox
Scoperta proteina chiave nella patogenesi e progressione della malattia che potrebbe contribuire alla cura del morbo
Migliorare i criteri diagnostici dell’Alzheimer. Questo lo scopo della ricerca scientifica che vede protagonisti la sezione di neurologia del dipartimento di Medicina e Chirurgia e la statunitense Amprion Inc, azienda leader mondiale della rilevazione ultrasensibile dell'alfa-sinucleina patologica nel fluido cerebrospinale umano.
L’indagine, pubblicata sulla prestigiosa rivista “Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association”, ha rilevato in un ampio gruppo di pazienti affetti da Alzheimer l’alfa-sinucleina, una proteina chiave nella patogenesi e progressione della malattia di Parkinson. Una scoperta che potrebbe contribuire alla cura del morbo.
La ricerca è stata finanziata dalla “Michael J. Fox Foundation”, nata nel maggio del 2000 per volere dell'attore Michael J. Fox affetto dalla malattia, dalla “Parkinson's Foundation” e dal progetto Miriade.
Diversi studi avevano già riscontrato la presenza di questa proteina nel 30% dei cervelli di pazienti affetti dalla malattia, un dato finora confinato al post-mortem oggi riscontrato tramite l’utilizzo dei test αS-SAA che ha determinato la presenza di sinucleinopatia nei vivi. La positività del test ha dimostrato che la proteina è stata riscontrata in tutte le fasi cliniche della malattia, compresa quella totalmente asintomatica.
Il team di lavoro riunisce i ricercatori e le ricercatrici del Centro per i Disturbi della Memoria - Laboratorio di Neurochimica Clinica, della sezione di neurologia del dipartimento di Medicina e Chirurgia, fra cui il dottor Giovanni Bellomo, prima firma dello studio, e la professoressa Lucilla Parnetti.
Come si legge nella nota dell’ateneo: “La co-occorrenza di altre proteine patologiche con quelle tipicamente associate alla malattia di Alzheimer (beta-amiloide e tau) potrebbe contribuire a spiegare il mancato successo terapeutico di terapie che sono rivolte a un solo protagonista molecolare, quale ad esempio la beta-amiloide”. E ancora: “Stratificare i pazienti con malattia di Alzheimer in base al test αS-SAA nel liquido cerebrospinale potrebbe contribuire a selezionare gruppi di pazienti più omogenei per gli studi clinici e individuare quei pazienti che potrebbero trarre beneficio da trattamenti anti-alfa-sinucleina. A conferma di ciò, la positività al test αS-SAA nel liquido cerebrospinale è stata inserita nei nuovi criteri diagnostici per la malattia di Alzheimer”.