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Domenica, 28 Aprile 2024
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PERUGINERIE La ciaramicola fra antropologia e tradizione

Preparazione casalinga. Ma a breve codificata in protocollo ufficiale

A breve la presentazione formale da parte dell’Accademia della Cucina (il 4 di aprile all’Hotel La Rosetta). Come già accaduto al Brufani per il Torcolo di San Costanzo (sarà nostra cura riferirne, con ampio servizio, ai lettori).

Su entrambe le preparazioni perugine ha pubblicato un aureo libretto l’antropologa dell’alimentazione Marilena Moretti Badolato. Che, in proposito, scrive fra l’altro: “Attraverso la cucina è passata la storia e la cultura dei popoli, fattore cardine, insieme al territorio, nella identità di gruppi di popolazione. E, se ‘ogni cibo ha un sentimento’, profondo è quello dei perugini per il Torcolo di San Costanzo e la Ciaramicola”.

E annota: “Ma, a scoprirne di più, gli ingredienti di questo dolce avevano già nel mondo antico un chiaro significato afrodisiaco. E così la Ciaramicola, che appare per la prima volta in occasione del matrimonio di un membro della famiglia perugina dei Baglioni già con i colori identitari della nostra città. E scopriamo poi che era consuetudine della promessa sposa preparare questo dolce manufatto per la famiglia del fidanzato al momento della presentazione della dote”.

Concludendo: “E andò così a significare anche la Pasqua che riportava quell’atmosfera primaverile tipica del tempo degli amori e delle nozze. Collegata alle cinque Porte cittadine e quindi ai Rioni, non può mancarne uno sulle nostre mense”.

Rinvio al volume Il torcolo di San Costanzo e la ciaramicola, Fabrizio Fabbri editore.

Com’è fatta. Nella preparazione, l’impasto è fatto con zucchero, farina e alchermes (archèmse, in perugino). È questo liquore a conferire il colorito rosato alla pasta.

I colori dei rioni. Secondo tradizione, le codette (cecini) della decorazione dovrebbero rispecchiare i colori dei rioni: rosso per Porta Sant’Angelo (la legna e il fuoco), verde per Porta Eburnea (gli orti), bianco per Porta Sole (i travertini), giallo per Porta San Pietro (il grano del Pian del Tevere), celeste (il Lago) per Porta Santa Susanna.

C’era una volta quella con la montagnola (la Fontana Maggiore) e attorno i tagli che ricordavano le cinque vie regali. Ricordo di avere visto una sola volta (dalla Maestra pasticcera Carla Schucani-Sandri) una ciaramicola coi cinque tagli, allusivamente riferiti alle cinque vie regali che si ricongiungono al centro nell’immagine della Fontana Maggiore.

Una volta la montagnola si realizzava coprendo il centro con un barattolo del pomodoro.

Oggi si vedono ciaramicole col buco il mezzo o addirittura "chiuse". Ma delle cinque vie regali non c’è traccia.

Il sopra molle o croccante. Con l’albume montato a neve e spalmato sulla superficie, si realizza una specie di glassa che può essere croccante o pastosa. Questione di gusti.

Il premio di Faffa. Ricordo che la Ciaramicola del forno Faffa è stata insignita del premio nazionale “Dino Villani” assegnato dall’Accademia italiana della Cucina.

Quella di Mugnano ha una sua particolarità. A Mugnano da sempre si realizza la ciaramicola in una forma molto diversa ed anche una con variante dei componenti. Come liquore non si usa alchermes, bensì anisetta.

Particolare interessante. A Perugia la ciaramicola si mangia a secco, o magari accompagnata da un goccio di vin santo. Mentre si dice che quella mugnanese sia un prodotto da inzuppo, specie nel caffelatte.

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