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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Parkinson e sinucleopatie, la scoperta dei ricercatori dell'Università di Perugia

La ricerca coordinata da UniPg contribuirà alla diagnosi precoce

Ricerca e sviluppo di nuovi biomarcatori per le malattie neurodegenerative che portano a demenza, l'Università di Perugia segna un passo avanti. Lo studio coordinato dall'Unipg apre la strada per la diagnosi precoce della malattia di Parkinson e altre malattie note come “sinucleinopatie”.  

La ricerca, condotta e coordinata dal dottor Giovanni Bellomo dell’Università degli Studi di Perugia, vede la collaborazione del Centro Risonanze Magnetiche (Cerm) dell’Università degli Studi di Firenze, dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e dell’azienda statunitense Amprion Inc., leader mondiale nella ricerca sul seed amplification assay, fondata dall’inventore di questa tecnica.  

Gli autori dell’articolo attualmente affiliati alla Sezione di Neurologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia UniPg sono: il dottor Giovanni Bellomo, la dottoressa Anna Lidia Wojdala, la dottoressa Marta Filidei e la professoressa Lucilla Parnetti, mentre il professor Davide Chiasserini e il dottor Leonardo Gatticchi, sono in servizio nella Sezione di Fisiologia e Biochimica. 

Lo studio è parte integrante del progetto di ricerca “Improving the clinical utility of seed amplification assays”, finanziato dall’Unione europea, coordinato per l’Italia dalla professoressa Lucilla Parnetti, nell’ambito del quale è stata arruolata la dottoressa Anna Lidia Wojdala, al fine della ricerca e sviluppo di nuovi biomarcatori per malattie neurodegenerative che portano a demenza. 

La ricerca

La malattia di Parkinson e altre malattie note come “sinucleinopatie”, spiega l'Unipg, "sono malattie neurodegenerative che si manifestano con disturbi motori caratterizzate a livello molecolare dall'aggregazione incontrollata di una proteina chiamata α-sinucleina nel sistema nervoso centrale".

Per queste malattie "non esiste attualmente un biomarcatore efficace e la diagnosi, spesso tardiva, viene effettuata attraverso valutazione clinica dei sintomi, supportata da tecniche di imaging quali ad esempio le risonanze magnetiche". Ma la ricerca non si ferma e "negli ultimi anni, la determinazione nel fluido cerebrospinale di α-sinucleina aggregata tramite una tecnica diagnostica detta seed amplification assay (SAA) sta emergendo come il più promettente indicatore biologico per queste patologie".

E ancora: "Gli SAA sfruttano le peculiari proprietà pro-aggreganti dell’α-sinucleina per amplificare gli aggregati presenti in un campione di fluido cerebrospinale così da permetterne la rilevazione. Tuttavia, il fluido cerebrospinale contiene diverse sostanze che possono modulare l'amplificazione di α-sinucleina in modo dipendente dal paziente, incidendo quindi potenzialmente sulla corretta la quantificazione degli aggregati di α-sinucleina e quindi sulla validità di questa procedura a fini diagnostici".  

Un recente studio, coordinato dal dottor Giovanni Bellomo della Sezione di Neurologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia, pubblicato sulla prestigiosa rivista di settore Molecular Degeneration, annuncia l'Unipg, "ha ora identificato nelle lipoproteine HDL e LDL le principali responsabili di questo effetto distorsivo".  

"Attraverso saggi di aggregazione, misure di spettrometria di massa, spettroscopia NMR, saggi biochimici e microscopia elettronica, si è evidenziato come le lipoproteine del fluido cerebrospinale, interagendo con le cosiddette specie oligomeriche di α-sinucleina aggregata, possano inibire l’aggregazione di questa proteina. I risultati dello studio, quindi, saranno utili per eliminare gli effetti confondenti nelle determinazioni con seed amplification assay e permettere una quantificazione accurata degli aggregati di α-sinucleina nel fluido cerebrospinale - spiega l'Ateneo - .  Lo sviluppo di un biomarcatore efficace e quantitativo potrà permettere una diagnostica precoce delle sinucleinopatie anche prima dello sviluppo dei sintomi motori, consentendo quindi un trattamento puntuale della sintomatologia e la selezione accurata dei pazienti che più potrebbero beneficiare nell’inserimento in studi clinici per nuove terapie modificanti il decorso di malattia". 

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