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Domenica, 28 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO Tesori d’arte dottoriana all’Onaosi

Come tutelare, difendere, preservare i dipinti del refettorio della Sapienza Vecchia, oggi al teatro

Una testimonianza di valore storico-artistico-identitario.

Il ciclo pittorico dei 12 mesi fu commissionato a Dottori nel 1951 dall'allora CdA dell'Onaosi per abbellire il refettorio della Sapienza Vecchia, in via della Cupa.

Come supporto: dei pannelli di faesite. Le 12 tavole di grandi dimensioni furono realizzate a tempera su pannelli di faesite, senza cornice.

Poi il trasferimento alla sede elcina. Rimasero nel refettorio per alcuni anni, fino a quando si decise di ristrutturare l'ambiente. Ragion per cui furono rimossi e depositati, in via provvisoria, nella nuova sede dell'Onaosi all'Elce.

Ma quei dipinti avevano un sapore… di minestrone. Stando a contatto con i profumi e gli effluvi della mensa, quei dipinti avevano assunto un odore curioso, perfino “appetitoso”, che evocava minestra e ottime pietanze, magistralmente preparate dalla brave cuoche.  

Dalla mensa all’archivio. Nella nuova Onaosi, i dipinti furono collocati in un piccola stanza adibita ad archivio amministrativo, contenente anche il ciclostile, in era pre-fotocopiatrice.

Ma quelle opere si stavano deteriorando. Meno male che un solerte dipendente, che frequentava costantemente quella stanza, si accorse che i pannelli di faesite si stavano pericolosamente incurvando.

Una soluzione semplice, ingegnosa ed economica.  Allora, con un'intuizione ingegnosa, quel geniaccio di Claudio Paoletti pensò di legarli tutti strettamente alle scaffalature metalliche, utilizzando a tale scopo i nastri avanzati delle tapparelle.

Un salvataggio provvidenziale. Così, quando l'Onaosi decise di riutilizzare le tavole, queste si presentarono in condizioni complessivamente buone.

Interviene Duranti. A questo punto entrò in campo Massimo Duranti, fondatore degli Archivi Dottori e, non a caso, il più autorevole studioso delle opere del Maestro dell’aeropittura. Duranti fece eseguire alcuni piccoli restauri e realizzare le cornici in un laboratorio di Città di Castello.

Infine in bella mostra al teatro. Per la loro nuova collocazione, si pensò subito al teatro-aula magna e fu un’ottima decisione.

Il caso assecondò la scelta. Il caso fortunato risiede nel fatto che, manco a farlo apposta, le due pareti longitudinali del teatro presentano sei ripartizioni ciascuna e quindi si prestano perfettamente ad accogliere quel ciclo pittorico di 12 tavole.

PS. Sono debitore di queste interessanti considerazioni all’amico Stefano Vicarelli che ha raccolto notizia dal comune sodale Claudio Paoletti, come lui felciniano.

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