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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Giornata internazionale dell'Educazione, la preside Trampetti dell'Orfini di Foligno: "Scuola lasciata sola, ma restiamo in trincea per il bene dei ragazzi"

Una riflessione da chi ogni giorno si confronta con il mondo della scuola sulla situazione della formazione nel nostro Paese, all'indomani della Giornata dedicata all'educazione

Il 24 gennaio si è celebrata, decisamente nel silenzio generale, la Giornata internazionale dell’educazione, voluta dalle Nazioni Unite per riflettere sull’importanza dell’educazione come diritto per tutti e bene pubblico. Questione quanto mai spinosa e su cui non possiamo non riflettere. Abbiamo chiesto allora a una Dirigente Scolastica umbra, la prof.ssa Maria Rita Trampetti, in forze all’Istituto Professionale Orfini di Foligno, un confronto su questo attualissimo tema.

Preside, la scuola oggi è nell’occhio del ciclone, tra norme di faticosa attuazione per il controllo della pandemia, carenze strutturali e stravolgimenti sociali: questa istituzione riesce ancora a formare i ragazzi?

“Mi fa una domanda difficile che riguarda anche il futuro dell’educazione. Io credo che in realtà la mission della scuola è quella della formazione e resta tale, lo abbiamo ben in mente noi dirigenti assieme agli insegnanti più sensibili che hanno un'etica professionale profonda. Purtroppo sta accadendo che nella scuola stia arrivando anche personale che non è così motivato e convinto, ma l’insegnamento non si può scegliere per ripiego. Ci sono comunque ancora tanti docenti molto motivati che amano i ragazzi e la scuola e sono pieni di entusiasmo: questo è un lavoro in cui bisogna credere.

Educare, del resto, significa condurre fuori, portare il ragazzo alla fonte della conoscenza. Questo è il senso della formazione. Poi il ragazzo può dissetarsene o no, ma l'insegnante deve fare questo E’ una missione che bisogna sentire profondamente, è lo scopo del lavoro da insegnante, che deve instaurare a tutti i costi una relazione educativa con l’alunno.

Il bravo docente è infatti colui che in tutti i modi tenta per prima cosa di costruire una relazione educativa, perché è quella che realmente educa.

Basta un buon insegnante che crede nelle capacità di un ragazzo e riesce a infondergli fiducia in se stesso, specialmente in un ragazzo fragile. Certo, anche i contenuti sono importanti e non vanno tolti, sono il mezzo attraverso cui si realizza la crescita culturale del ragazzo”.

Di cosa ci sarebbe bisogno nella scuola attuale per tenere la direzione che lei ha indicato?

“Serve la formazione dei docenti. Quella che noi facevamo negli anni d’oro ora è demandata alla buona volontà del singolo insegnante, invece la formazione continua dovrebbe essere obbligatoria, soprattutto quella pedagogica e psicologica. E questo specialmente nelle scuole tecniche, dove invece tutto questo viene assolutamente trascurato. Si va troppo alle nozioni, ma la nozione non fa l’educazione…”.

Preside, la situazione che stiamo vivendo ha messo in luce le criticità del sistema scuola, che cosa nota in generale dal suo punto di osservazione?

“La scuola è rimasta sola. Al contrario, ha bisogno della partecipazione della famiglia e delle istituzioni: se viene abbandonata a se stessa come sta accadendo, non va da nessuna parte. La pandemia ha purtroppo allontanato tante famiglie, il fatto che siamo stati più isolati ha comportato che siamo più lontani dagli altri. C’è un bisogno enorme di essere ascoltati, ma nessuno ascolta. Alcuni genitori hanno demandato completamente il ruolo educativo alla scuola. Ma è solo insieme che noi possiamo costruire il futuro delle giovani generazioni. Famiglia e scuola devono cercare la strada da percorrere insieme.

Io credo ancora nella scuola e spero tanto che qualcosa di buono si possa ancora fare. Ma non posso non constatare che c’è più solitudine, la scuola è più sola. Le famiglie sono più distanti e i servizi anche, non arrivano più a coprire le tante situazioni problematiche, non ce la fanno. C’è bisogno di personale formato e convinto in tutti i settori [che a sua volta deve provenire da una solida formazione, n.d.r]. Invece le persone veramente competenti in tutti gli ambiti sono molto poche…”.

E i ragazzi? Come vede i ragazzi in questa situazione?

“Anche loro vivono questa difficoltà di relazione, e ne soffrono di più. Noi abbiamo attivato un servizio psicologico all'interno della scuola,  ma non basta. I ragazzi sono stati deprivati di tanto e devo dire che tutto sommato hanno retto abbastanza bene; ma i problemi dei ragazzi fragili si sono acuiti”. 

Che messaggio di speranza possiamo dare, all’indomani della Giornata dell’educazione, alla società?

“E’ chiaro che la scuola continua a fare la sua parte, a partire da noi dirigenti e di moltissimi insegnanti che ci credono molto. Il futuro c’è, bisogna sperare che questa situazione non duri ancora per anni. C’è tanto di positivo e tanta voglia ancora di progettare il futuro, cosa che i ragazzi con gli insegnanti già stanno facendo: progetti scolastici, scambi Erasmus, tutto ciò che ci porta a rivivere una socialità, cosa che abbiamo cercato di portare avanti anche durante la pandemia.

Per nostra parte stiamo combattendo, siamo ingabbiati nella burocrazia, ma io sono una persona positiva che crede nella possibilità della scuola di fare il bene dei ragazzi, sebbene c’è bisogno che questa emergenza finisca.

Aggiungo che i ragazzi hanno sviluppato una grande profondità dal dolore delle situazioni difficili, io li vedo cresciuti, ma anche molto isolati e con difficoltà di relazione.

La speranza è quella che ci guida tutti i giorni, senza dare colpe a nessuno, è come in guerra, cerchi di vivere al meglio ogni giorno, mantenendo dentro di te tutto quello che speri di realizzare e intanto resti in trincea, al tuo posto”.

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