La denuncia: “Branchi di cinghiali devastano l’agricoltura, centinaia le segnalazioni delle aziende umbre"
Agricoltura allo stremo: "dopo la siccità adesso anche le semine sono compromesse da vere e proprie orde di cinghiali. Servono misure mirate di contenimento"
Agricoltura devastata dai cinghiali. E’ il nuovo allarme lanciato dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori dell’Umbria) a causa delle centinaia di segnalazioni giunte da parte di numerose aziende della regione, in particolare dell'orvietano, del Monte Peglia e dell'alto Tevere.
“Qui branchi di cinghiali stanno devastando intere superfici appena seminate, costringendo gli agricoltori a ripetere 2 o 3 volte le pratiche colturali”. Da settimane si assiste all'acutizzarsi dell'incontrollata piaga dei danni all' agricoltura, provocata dal proliferare di specie in sovrannumero quali cinghiali e caprioli” , denuncia la Cia dell'Umbria
Nella Valle del Chiascio e del Tevere è forte la presenza e la densità dei caprioli attirata in questa stagione dalle ortive da foglia coltivate in pieno campo. A nulla, secondo la Cia, sono servite le misure approvate dalla Giunta della Regione Umbria per contenere gli ingenti danni alle colture. Commenta il presidente regionale Domenico Brugnoni: "Non è certamente con la riduzione da 48 a 12 ore del termine per l’attivazione degli interventi da parte degli ATC, che in Umbria si può arginare la drammatica piaga dei danni alle colture da cinghiale".
La gestione degli ungulati e della fauna selvatica in generale è ormai fuori controllo, in Umbria come nel Centro Italia, danni a produzioni tipiche e di qualità, all'ambiente, al paesaggio, all'incolumità pubblica che raggiungono decine di milioni di euro, ed è per questo – aggiunge la Cia – che si deve considerare indispensabile e non più rinviabile, l'immediata attivazione di misure mirate di contenimento, come l'adozione straordinaria, fino al 28 febbraio prossimo, già richiesta, della “braccata”, anche nelle Aree protette. Così come è urgente completare i piani di abbattimento selettivo dei caprioli non sempre portati a termine nei distretti”.
La Cia chiede, inoltre, che si metta mano definitivamente ad una programmazione di medio-lungo periodo della gestione faunistico-venatoria con l’obiettivo strategico di contenere le specie selvatiche dannose con piani certi che garantiscano una efficace e duratura azione di prevenzione.
“Gli agricoltori - afferma il presidente Brugnoni- considerato l'enorme proliferare dei danni, chiedono alla Regione infine, un impegno serio per superare il problema del regime “de minimis”, introdotto dalla normativa europea per i danni causati dalle specie cacciabili, che fissa un tetto massimo risarcibile ad azienda di soli 15mila euro in un triennio.”