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Cronaca Assisi

Anziani e pazienti maltrattati, si torna in aula contro le condanne per le violenze nella comunità terapeutica

In primo grado sono state emesse 11 condanne da un masismo di 7 anni e mezzo a un minimo di 2 anni e 2 mesi

Le vicende della comunità terapeutica “L’Alveare” di Torchiagina tornano in aula. Si è aperto oggi davanti ai giudici della Corte d’appello di Perugia il processo di secondo grado dopo le undici condanne per percosse, sequestro di persona e maltrattamenti nei confronti degli utenti della comunità assistenziale nell’Assisano.

Gli imputati, difesi dagli avvocati Luca Gentili, Michele Morena, Alessandro Bacchi, Simone Pillon, Sara Napoleoni, Maria Laura Antonini, Gabriele Brindisi e Giuseppe Grande. Le parti civili sono rappresentate, tra gli altri, dagli avvocati Annalisa Rosi Cappellani, Francesco Gallo, Antonio Di Pietro, Alfonso Tordo Caprioli e Loris Codato, hanno chiesto la riapertura del dibattimento e nuove perizie per stabilire la capacità di testimoniare di alcuni testi che hanno raccontato quanto sarebbe avvenuto nella comunità prima al sostituto procuratore e poi in aula. I giudici di piazza Matteotti hanno rigettato entrambe le richieste e rinviato a marzo del 2024 per la discussione delle posizioni degli imputati e per la sentenza. Chiesta anche la revisione delle provvisionali stabilite a titolo di risarcimento, ammontanti a 170mila euro.

Secondo gli investigatori gli imputati “in concorso tra loro” avrebbero “maltrattato” almeno 12 pazienti-ospiti (la struttura ne ospitava 31 a pieno regime) “mediante reiterati atti di aggressione fisica e psicologica, con costante ricorso alla violenza (consistita in schiaffi, pugni, calci, presa per i capelli e bastonate), ad atti di afflizione fisica e psicologica, quali punizioni per fatti di disobbedienza o di mancato rispetto delle regole interne alla struttura, consistiti nell’aver lasciato i pazienti senza pranzo o senza cena, nell’averli privati dei propri effetti personali e della possibilità di fumare, nell’averli chiusi a chiave in uno dei bagni della struttura, o comunque in locali al buio e nell’averli costretti a lavarsi i denti nelle fontane dei giardini esterni, nonché alla minaccia come metodo educativo”.

L’indagine era stata avviata dopo aver ricevuto un esposto da parte di una persona che conosceva quanto sarebbe avvenuto nella struttura, allegando anche alcune foto che ritraevano i segni delle violenze. Telecamere, intercettazioni ambientali e telefoniche avrebbero completato il quadro investigativo e le contestazioni penali.

Gli imputati sono stati condannati a pene che variano da un massimo di 7 anni e mezzo a 2 anni e 2 mesi.

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