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Cronaca

Cambiano l'etichetta ai prodotti sanitari rubati e li rivendono: condannati a risarcire

L'azione penale si è conclusa con la prescrizione, ma rimangono valide le decisioni in campo civile

Tolgono le etichette dell’azienda di prodotti e apparecchiature sanitarie, applicano nuove targhette e rivendono tutto quanto il materiale che era stato rubato in diverse regioni d'Italia, tra cui l'Umbria. La macchina della giustizia, però, è stata troppo lenta ed è arrivata la prescrizione.

La Cassazione ha rigettato, però, il ricorso degli imputati per quanto attiene l’obbligo di risarcire l’azienda derubata. Gli imputati sono stati condannati in primo grado, ma in Appello è stato dichiarato estinto il delitto di riciclaggio, salvo confermare le statuizioni civili. Secondo la tesi accusatoria, “gli imputati avevano compiuto simulate operazioni commerciali di compravendita di materiale per apparecchiature medicali del valore superiore a 700.000 euro, provento di furto in danno della ditta produttrice ... al fine di ostacolarne la provenienza delittuosa”.

Gli imputati, che avevano commercializzato i prodotti, hanno sostenuto che “l'asportazione dell'etichetta identificativa del fornitore dalle scatole contenenti la merce” sarebbe “una prassi commerciale usuale” e che non avrebbe ingenerato “alcun sospetto circa la provenienza illecita della merce”. Per i giudici le prove portate in tribunale non depongono a favore degli imputati e hanno rigettato il ricorso, confermando la decisione di secondo grado.

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