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Cronaca

I Casalesi volevano spolpare Perugia: parte un processo storico tra troppi silenzi...

Perchè tutto questo silenzio? Perchè i cittadini credono ancora che il nemico pubblico numero uno sono solo i ladri e i pusher? E' questo il vero cancro che genera metastasi che distruggono futuro, economia e posti di lavoro

Le infiltrazioni mafiose in Umbria, a Perugia, sono spesso percepite come qualcosa di astratto, roba da conferenza stampa o da convegno sulla legalità di quelli che si fanno con gli studenti. Le infiltrazioni mafiose sembrano qualcosa di lontano, che deve ancora germogliare, che deve ancora arrivare dal sottosuolo. Per la stragrande maggioranza dei perugini è robetta, in fatto di sicurezza, rispetto agli scippi, qualche dose di droga, furti e truffe. Nella realtà dei fatti sono il male più pericoloso: sono il cancro che appenna arriva in città lancia metastasi ovunque. E tutto non sarà più come prima. 

Le infiltrazioni mafiose hanno cognomi pesanti che fanno tremare le gambe altro che da sottovalutare. Un clan su tutti: i Casalesi. Potentissimi, ricchissimi, combattuti in Campania e nel resto del mondo. Sono quelli di Gomorra. Mica robetta. Loro nel mondo sono l'immagine della Camorra che non muore mai nonostante le teste tagliate e gli ergastoli inflitti. 

I Casalesi a Perugia ci sono stati e ci sono. Il 17 maggio è partito in sordina un processo che invece dovrebbe essere sulle prime pagine di tutti i giornali e sulle homepage dei media. Un processo di cui si dovrebbe discutere a scuola accanto alle foto di Borsellino e Falcone. L'Indagine Apogeo - che richiama Ponte San Giovanni e gli Etruschi del Fiume - iniziata nel 2010 e ormai passata in aula per un processone anti-mafia in Umbria tra i più importanti. 

Il pugno duro di Perugia sulla 'Ndrangheta: 57 rinvii a giudizio, prime condanne e patteggiamenti

Stiamo parlando di accuse che valgono decine e decine di anni di galera se provate: associazione a delinquere, truffa aggravata, riciclaggio, evasione delle imposte. L'obiettivo di questi 14 presunti camorristi - il garantismo sta alla base di tutto in attesa delle sentenze - che ora sono finiti sotto processo era quello di depredare la nostra economica, i nostri posti di lavoro, la nostra serenità, la nostra vita e il futuro dei nostri figli. Come? Il giochetto è sempre lo stesso (lo abbiamo visto con la mega inchiesta sulla 'Ndrangheta a Perugia): le associazioni camorristiche riciclando denari acquistavano società umbre, attraverso raggiri e truffe, le spolpavano vive, distraendo fondi e arrecando pesanti danni economici a fornitori e clienti. Il tutto si concludeva il falimento della società e i camorristi con il portafoglio pieno e i soldi riciclati alla grande. 

Il processo è stato rinviato per un errore di notifica. Ma questo poco importa. Andrà avanti per anni e sarebbe bello che i cittadini siano presenti in aula, ascoltino e riferiscano. Le infiltrazioni mafiose sono il vero male. Non dimenticate le mille terre di fuochi in Italia, alcune scoperte anche in Umbria altre invisibili ma che uccidono di nascosto centinaia di persone all'anno. Ha detto il sottosegretario Gianpiero Bocci: "Non abbassare la guardia". Contro la mafia l'Umbria deve iniziare la sua battaglia culturale per respingerla fuori dai propri confini. C'è bisogno dei cittadini che fanno segnalazione come durante la guerra contro i pusher. Avanti tutta. 

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