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Cronaca

Strumenti da chirurgo e resti di gatti nel garage, condannato per uccisione e maltrattamento di animali

Le motivazioni della Corte d'appello che hanno portato alla sentenza di condanna nei confronti di un perugino

Gatti uccisi e torturati, per la Corte d’appello “la prova dell’uccisione degli animali”, condotta che integra il reato di maltrattamenti di animali, “può essere desunta dal rinvenimento nei locali a disposizione dell’imputato, oltreché di resti di gatti sezionati, di strumenti finalizzati all’immobilizzazione degli animali stessi”.

Sono le motivazioni della Corte d’appello di Perugia che hanno portato alla condanna a 1 anno e 3 mesi e al risarcimento delle parti civili (tra cui diverse associazioni a tutela degli animali) per un perugino che era stato accusato di aver ucciso in più occasioni alcuni gatti. Sui social, dopo il blitz dei Carabinieri, era stato definito il killer dei gatti dopo la scoperta in una cantina vicino alla scuola nei pressi della quale era stato rinvenuto appeso il gatto vennero ritrovate e sequestrate: alcune pelli, una ghigliottina, uno strumento per immobilizzare gli animali, vari utensili da chirurgo e siringhe usate e diversi barattoli dove erano conservati alcuni resti delle carcasse.

La Corte d’appello nel respingere il ricorso della difesa, “riteneva che fosse provata la condotta di maltrattamenti, consistita nell’uccisione degli animali, in particolare di gatti, e del loro sezionamento, e, al contrario, non potesse essere esclusa l’esistenza della prova dell’uccisione, considerato che il rinvenimento degli strumenti di cui sopra era indicativo del fatto che l’imputato uccideva e sezionava gli animali e non si limitava a sezionare animali già morti”.

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