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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Foligno

Omicidio badante Foligno, parla la figlia: "Uccisa perchè voleva lasciarlo e tornare in Ucraina"

Sono arrivati oggi, 10 dicembre, la figlia e il nipota di Olga Dunina, la donna barbaramente uccisa da Giovanni Micelli. Hanno rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa, ripercorrendo la vita di una donna bruscamente strappata alla vita

Sono arrivati alle 15 di oggi, 10 dicembre, la figlia e il nipote di Olga Dunina, la donna barbaramente uccisa, il 17 giugno di quest’anno, dal marito Giovanni Miceli. Elena Kuzovleva e il figlio Artem non parlano italiano, perché loro in Italia non ci hanno mai messo piede, neanche per conoscere l’uomo che li ha strappati dal sangue del loro sangue. Ci avevano parlato solo poche volte al telefono. Lontani così dall’incubo che ogni giorno era costretta a vivere Olga. La stessa che avrebbero riabbracciato a breve, se solo Miceli non l’avesse uccisa, fracassandole il craneo. La donna sarebbe, infatti, dovuta ripartire per l’Ucrania pochi giorni dopo il fattaccio e più volte aveva minacciato l’assassino: “Io non tornerò più”. Un piccolo elemento che fa presupporre qualcosa di più.

Una donna bellissima, come la descrive l’amica di sempre Hreciyna Taisiya, schiava però di quel bruto e delle sue angherie. “Da quando lo aveva conosciuto aveva smesso di ‘portare’ i tacchi, non si truccava più. Era cambiata”. Ma se anche Olga alla famiglia in Ucrania diceva che tutto andava bene, era stata proprio Hreciyna a parlare con la vittima, cercando di convincerla a lasciare quell’uomo sempre nervoso e incline all’ira. “Lei non ne voleva sapere. Continuava a stare con lui. Solo una volta lo ha lasciato per due settimane ed è venuta a vivere a casa mia. Ma dopo sono tornati insieme”. Tutta la comunità ucraina che vive a Foligno sapeva. Sapeva che Miceli non era “buono e generoso”, come invece voleva far sempre intendere Olga, cercando di mantenere sempre la sua dignità di donna. Proprio quella dignità di donna che l’aveva spinta in Italia per aiutare il figlio malato. Gran parte del suo guadagno di badante finiva infatti a lui e a Elena.

Hanno lo sguardo basso e provato. Parlano poco, nonostante l’amica cara funga da traduttrice. In Ucraina per un delitto del genere viene dato l’ergastolo. Non esiste il rito abbreviato. Non esistono anni di meno. In carcere a vita e basta. Ma questo Elena lo sa, a spiegarglielo l'avocato Antonio Coccia dello studio di Nicodemo Gentile che assiste la famiglia. Ed è proprio Elena a dire: “I giudici facciano quello che vogliono, sarà Dio a decidere la punizione. Mi dispiace solo che mia madre abbia perso sei anni della sua vita dietro a quell’uomo e non abbia vissuto un’esistenza felice”. Saranno comunque presenti in aula, non hanno paura di incontrare Miceli, al quale vorrebbero chiedere il “perché di quel gesto”. Lo hanno saputo da internet di quella spietatezza. L'ambasciata non era riuscita a contattare loro prima.

È stato comunque chiesto l’ergastolo per Giovanni Miceli, accusato di omicidio , occultamento di cadavere con l’aggravante di aver commesso il fatto con crudeltà e in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti in famiglia. Domani la prima udienza

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