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Venerdì, 26 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO Pasqua e Pasquetta, le tradizioni perugine

Tradizioni perugine di Pasqua e di Pasquetta… quando il più bravo vinceva a toccetto

Tradizioni perugine di Pasqua e di Pasquetta… quando il più bravo vinceva a toccetto. Pasqua: scialo di uova. Un tempo, sia in campagna che in città, non c’era quasi famiglia che non avesse qualche gallina per rifornirsi di uova. Pollai artigianali facevano capolino fra le case e gli orti. L’uovo – per torta al formaggio, “spumini” (meringhe), cappelletti, pasta fatta in casa e quant’altro – dominava sulle tavole.

Assai diffuso, in questa occasione, era il gioco del “toccetto”, specie tra i ragazzini. E i grandi tolleravano pazientemente. In cosa consisteva? I due contendenti prendevano in mano un uovo sodo (non benedetto, per carità, perché il gioco è materia diabolica!) e lo impugnavano, per proteggerlo, fino a lasciarne appena intravvedere una parte. Altrettanto faceva l’avversario. La sfida consisteva nel far scontrare le due uova finché il guscio di una delle due non si fosse rotto. A quel punto, l’uovo con la buccia rotta diveniva preda del “nemico”. Qualcuno era considerato un campione e tornava a casa con un bel bottino.

Si diceva che i più bravi sapessero riconoscere le uova con la “coccia” più resistente. Si pensava che fosse più forte l’uovo col guscio scuro. Il nome del gioco deriva da “toccio”, che in perugino può indicare un grosso sasso, ma che sta anche per “robusto”, tanto che si apostrofa così un tipo vigoroso, tarchiato. Ricordo che con le biglie (“a palline”, in perugino) si giocava a “toccio e palmo”, ossia a colpire la pallina dell’avversario o ad avvicinarsi ad essa alla distanza di almeno un palmo.

Il verbo “toccià” significa “sbattere/urtare” e l’origine del “toccetto” è dunque chiarissima. Si racconta il caso di un campione che sembrava imbattibile e il cui uovo non si rompeva mai. La spiegazione fu trovata quando i compagni glielo tolsero dalle mani e lo gettarono per terra. Si accorsero che quel compagno aveva inventato “l’uovo di Colombo”. Infatti, all’interno era contenuto un pulcino, naturalmente morto, il che rendeva l’uovo pieno di materia solida e dunque più resistente. L’imbroglione non restituì le uova vinte e ormai… mangiate.

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