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Un avvocato ambizioso e il suo faticoso "Ritorno a casa"

In libreria l'opera prima di Andrea Antonini in cui si racconta di cadute e redenzione

È da poco sugli scaffali delle librerie “Ritorno a casa” di Andrea Antonini, classe 1975, avvocato. Un volume che parla di seduzione del potere, di ambizione e del lungo cammino verso la redenzione.

“Giovanni è un avvocato giovane e ambizioso che decide di lasciare la sua fidanzata, Anna, in cerca di qualcosa di più. Quando consce De Bonis, un avvocato più anziano, ricco e potente, compie un’azione spregiudicata pur di ottenere il lavoro presso di lui. Giovanni si fa strada nello studio di De Bonis e gli viene affidato un importante incarico. Ma è una trappola: Giovanni viene rapito e rischia la vita. Da lì inizia per lui un’amara presa di coscienza: De Bonis compie loschi affari e lo coinvolge nei suoi intrighi. Intanto, i dubbi di coscienza diventano sempre più forti. Ma poi accade qualcosa…” si legge nell’introduzione del volume, pubblicato da Tau editrice (18 euro, 212 pagine), con l’introduzione di monsignor Domenico Sorrentino.

Avvocato, come nasce il libro?

“Ho sempre pensato che per scrivere un romanzo non sia sufficiente per l’autore possedere un bello stile ed abbia una storia interessante da raccontare, ma affinché il libro possa avere sostanza, spessore, sia necessario che abbia un messaggio da trasmettere su di un argomento che egli ritenga importante e che quindi il racconto sia uno strumento per veicolare il suo pensiero. Questo mi ha sempre trattenuto. Ad un certo punto mi sono reso conto di avere qualcosa da dire, una testimonianza da offrire e quindi ho pensato che un romanzo sarebbe stato il modo migliore per esprimermi. Avrei potuto scrivere un saggio, o un diario, dove compendiare le mie idee, ma sarebbe stato estremamente noioso”.

Cosa significa scrivere?

“Il romanzo è fantasia, ma allo stesso tempo concretezza, realtà, perché ai personaggi, e non necessariamente al protagonista, l'autore può far dire ciò che egli pensa, in una dinamica di dialogo. La stessa storia o alcune vicende che si sviluppano all'interno del romanzo possono rappresentare il paradigma del pensiero dell’autore. Il romanzo può diventare lo strumento per indagare e raccontare la realtà (grande o piccola dello scrittore) attraverso un racconto di fantasia; a volte, per analizzare la società ed in definitiva l'anima dell’uomo e per portare alla luce una questione, può essere più efficace un romanzo di un saggio. Ad esempio, il romanzo "Addio alle armi" di Hemingway è stato uno degli strumenti più utili a descrivere l’orrore della prima guerra mondiale e di ogni guerra in generale, più di tante cronache giornalistiche e di libri di storia (sia chiaro che non intendo in alcun modo paragonarmi a lui)”.

Da avvocato, scrivendo di avvocati e non solo, quale rapporto tra professione e scrittura?

“Lo stesso Hemingway diceva che chi vuole scrivere un romanzo deve scrivere di ciò che conosce, quindi deve scrivere di qualcosa che ha vissuto personalmente (i suoi romanzi sono un chiaro esempio di questo principio: ogni racconto rappresenta un periodo della sua vita, ambientato in luoghi in cui ha vissuto personalmente). La scrittura quasi coincide con la vita dell’autore, senza però scadere nell’autobiografia. Ci sono degli esempi di scrittori bravissimi che hanno narrato di luoghi che non conoscevano assolutamente e di fatti mai vissuti (come per esempio Salgari), ma io ho seguito il consiglio di Hemingway: è certamente più facile scrivere di ciò che si conosce piuttosto che di ciò che non si conosce. Su questa premessa ho scelto l'ambientazione del libro: sono oltre venti anni che faccio l'avvocato e quindi l'ambiente dei tribunali e degli studi legali lo conosco molto bene, così come la mentalità di coloro che popolano tali luoghi e quindi non potevo fare altro che scegliere un avvocato come protagonista del romanzo”.

Chi sono i comprimari e quale rapporto con il protagonista?

“Come già detto il protagonista è un giovane avvocato. Egli lavora per un altro avvocato più anziano e navigato, che sembrerebbe essere un mecenate, ma in realtà è un personaggio ambiguo, pericoloso: il protagonista se ne accorgerà personalmente. Due donne hanno un ruolo molto importante, lo conducono per mano, gli mostrano la strada da percorrere: attraverso di esse il protagonista si mette in salvo. Sono un po’ come Beatrice per Dante, guide spirituali, inviate da Dio per aiutarlo nel suo percorso di redenzione”.

Cosa muove l’azione della storia narrata?

“Il libro si sviluppa su due binari paralleli: la narrazione degli eventi del protagonista e parallelamente la descrizione del percorso della sua anima. All’inizio è patologicamente ambizioso, egoista, materialista, ripiegato su sé stesso, ma dopo le esperienze descritte nel romanzo, alcune delle quali dolorose, vive una parabola ascendente e si converte, perché riconosce che tutto ciò che ambiva, che riesce a conquistare, comunque non gli procura la felicità sperata. I due elementi principali dell’opera, quello spirituale e quello narrativo, proseguono parallelamente in un crescendo sino alla conclusione. La maturazione spirituale del giovane avvocato è progressiva: egli assume consapevolezza dei valori in cui credere e per cui vale la pena vivere con il passare del tempo, attraverso la pedagogia della vita, che gli indica chiaramente la strada da percorrere per vivere un'esistenza piena, completa, ma che lui all’inizio non vede, non accetta e rifiuta, per poi accoglierla solo alla fine del libro. Dopo un periodo di ricerca, scoprire il senso della vita, i valori in cui credere, significa tornare a casa. Il protagonista, necessariamente, deve fare tali esperienze per trovare la strada che lo riporta in quel luogo spirituale a cui sentiva di appartenere ma che aveva perso ed in cui riesce a tornare”.

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