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INVIATO CITTADINO Quando Fruttini parla di Pagnotta e di Umbria Jazz

Un perugino (nonno di un giovanissimo jazz man, Federico Malfagia) racconta

Rino Fruttini, accreditato peruginologo, parla a cuore aperto della  creatura di un grande perugino.

Esordisce: "Nel 1973 nacque Umbria Jazz per iniziativa di Carlo Pagnotta”.

Tu, Rino, lo conosci da sempre, non è vero?

“Carlo Pagnotta è del 1933. Ha dieci anni più di me, ed è da sempre un personaggio 'esterofilo con il donca': un modo di dire, per significare un perugino di rango, ma avulso da ancoraggi di compulsività provinciale”.

Un perugino americanizzato, vero?

“Nel suo inglese, ormai la seconda lingua madre, reso fluente dalle frequenti esigenze professionali internazionali di Direttore artistico di Umbria Jazz, si avverte appena la flessione perugina di un ‘esse’ sibilante e dialettale che a volte ci identifica con i vicini aretini della Toscana”.

Ricordi gli esordi della Kermesse?

“Eravamo studenti di università quando, insieme a Franco Ivan Nucciarelli e ad altri giovani, Carlo ci invitò ad una riunione di jazzofili in una sede di Via dei Priori. Erano gli inizi “sborracciati” di un itinerario con step costanti e metodici che portarono Carlo Pagnotta a realizzare il festival che tutti conosciamo e apprezziamo”.

Ricordi quando operava nel settore abbigliamento?

“Carlo Pagnotta è, sotto certi aspetti, figlio d’arte, data la sua permanenza nel settore delle attività di terziario, prima con il negozio di abbigliamento “Sir Charles” in Via Mazzini e poi con la new entry nel terziario avanzato del festival”.
 

Hai conosciuto anche la sua famiglia, vero?

“Suo padre, Furio, e suo zio Menotti, titolari - fino al 1967 - del rinomato “Ristorante Trasimeno”, in Corso Vannucci a Perugia (fondato nel 1943), erano famosi per la competenza nella preparazione di primi piatti, secondo ricette estrapolate dalla tradizionale gamma delle paste farcite e guarnite e dei secondi, ricchi di capi di selvaggina, lepri, starne, fagiani, beccacce, cotti in agrodolce con la sapienza del cuoco Giuseppe. Al ‘Trasimeno’, insomma, si mangiava veramente bene”.

Ma Carlo, dopo il Bibo, non volle saperne di continuare il commercio e disse totus tuus al jazz.

Chiosa l’amico Fruttini. “È stata una scelta utile anche per la città”.

Il ricordo è ben delineato nel libro di Rino Fruttini "Quasi come Forrest Gump" in cui il prolifico scrittore e peruginologo tratteggia una autobiografia che incrocia la storia cittadina, anche attraverso le figure del Burchia e di suoi celebri familiari.

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