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INVIATO CITTADINO Incontrando a Corciano Liù Bosisio, splendida ottantottenne, sul palcoscenico 40 anni dopo

Protagonista dello spettacolo “Le donne che indossarono la libertà” con Mirco Bonucci

Ci fa da cicerone lo storico del cinema Fabio Melelli, amico di lunga data dell’attrice meneghina e prefatore del suo ultimo libro La signora della casa rossa. Epopea in 122 stanze, uscito per i tipi dell’editore Jean Luc Bertoni e presentato al Centro Sabrina Caselli del Girasole.

Prima dello spettacolo, mentre l'attrice sta per essere microfonata, scendiamo in camerino e veniamo accolti con cordialità. Fabio, addirittura, con abbracci affettuosi e tenerezze. Un invito a cena, dopo lo spettacolo, l’impegno a rivedersi con Michelangelo [Cardinaletti] altro caro amico perugino.

Liù confessa (lo ripeterà poco dopo, a sipario chiuso, prima dello spettacolo): “Mi sento emozionata come la prima volta. Quando, cinque giorni dopo il diploma all’Accademia d’Arte Drammatica, venni chiamata dalla compagnia di Romolo Costa al Teatro Manzoni di Milano”.

La Bosisio non calcava le tavole da 40 anni. Racconta: “Pensa che, durante le prove, anziché dire  “partigiano” mi è venuto parmigiano”.

“È perché sei golosa!”, la consola amabilmente la sua accompagnatrice.

“Pensa tu, che figura se mi succede durante lo spettacolo”, commenta Liù. E lo dice anche, preliminarmente, cercando complicità, al pubblico che affolla il teatro.

Lo spettacolo fila liscio. Addirittura, un piccolo scivolone sulla parola “aggregato”, diviene occasione per una gag autoironica (ma che parola difficile!).

Bello anche l’incontro con la “partigiana Rossella”, Mirella Alloisio, autrice delle pagine lette dall’attrice. Due grandi donne, unite dal vincolo di ideali praticati e condivisi. Una grande intuizione, quella degli autori, di creare un incontro così denso di valore, valori e voleri.

Dopo lo spettacolo, sul palco, chiacchiere e affettuosità. Liù accarezza Mirco Bonucci con tenerezza. Lo coccola, lo elogia per aver tenuto il giusto profilo, per averla rassicurata. Anche quando, durante le prove, c’è stato qualche momento di insicurezza, di nervosismo, di timore di non farcela. Perché una grande attrice ha un nome da tutelare. E si deve presentare al suo meglio. Lo ha fatto. Con orgoglio e dignità.

E il meglio è una voce salda e un’intonazione perfetta. Un timbro che non si immaginerebbe in una donna mingherlina, ma grande. Grande anche nell’(auto)ironia.

Una con la quale non si può/non si deve far riferimento al personaggio della fantozziana “signora Pina” che Villaggio voleva caricaturale e che lei rese con sfumature di densa umanità. Salvo poi rinunciarci. Fino a quando, davanti all’offerta di tornare a interpretarla (dopo la Vukotic che l’aveva sostituita), nel “Superfantozzi” del 1986 di Neri Parenti, sparò – proprio perché non voleva farla – la cifra di 100 milioni. Glieli dettero. Lo fece. Per comprare un appartamento al figlio. Poi il ritiro, salvo un breve ritorno in tivvù nel 2007.

Toccante l’incontro – sempre assecondato da Melelli – con Mirko Revoyera, attore, scrittore, regista, uomo dai mille, riconosciuti talenti.

Liù dice: “Diamoci del tu”. Mirko è commosso, onorato. Dice: “Ci hai dato una grande lezione. Di teatro e di vita”.

È vero. Liù Bosisio ci ha offerto una lezione di vita. Prima di tutto: non mollare! Non, insomma, una semplice lettura sbrigativa e commerciale. Ma un vero “ritorno” di livello. Di cui è giusto ringraziare Corciano che ne ha creata l’occasione.

Ecco come e perché una piccola donna è riuscita a farci sentire “piccoli” nel  modo giusto. Insegnandoci ad essere grandi e orgogliosi di un passato da rivendicare.

Foto - Incontrando a Corciano Liù Bosisio

(Foto esclusive Sandro Allegrini)

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