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INVIATO CITTADINO Don Lucio Consalvi. Da Fratticiola e Colombella al Perù… al Malawi

Storia di un globe trotter di Cristo, tra Italia, Sudamerica, Africa… e tanto altro

Raccontaci, don Lucio, la tua storia di sacerdozio e apostolato in Italia e nel mondo.

“Sono stato ordinato sacerdote il 3 settembre 1977 nella chiesa di Ponte san Giovanni”.

Le tue esperienze parrocchiali?

“Sono stato 10 anni nella parrocchia dei SS. Biagio e Savino in Borghetto di Prepo. Quindi, con don Fonasco Salvatori e don Giuliano Governatori, demmo vita, sotto la guida del vescovo, monsignor Cesare Pagani, alla Unità pastorale di Ellera, Olmo, Fontana, Girasole, Lacugnano-Santa Sabina e San Mariano dal 1987 al 1991. Quando poi passai a Pietrafitta, un anno dopo mi diedero anche Castiglione della Valle. Qui rimasi 10 anni e quindi passai a fare il parroco di Fratticiola Selvatica e viceparroco di Colombella”.

E poi venne il Malawi, la conoscenza col padre comboniano Aristide “Duccio” Stefani  e tutto il resto…

“Nel giugno 2002 sono partito per il Malawi, seguendo i progetti di collaborazione e assitenza che la diocesi di Perugia ha con la diocesi di Zomba”.

E successivamente?

“Nel settembre del 2008, sono partito per il Perù, dove sono rimasto 15 anni nella selva amazzonica, regione Ucayali, citta di Pucallpa, che attualmente ha più di 600.000 abitanti”.

Come ti sei regolato con la lingua, per svolgere compiutamente la tua opera di apostolato?

“Arrivato nel Vicariato di Pucallpa, il 4 ottobre 2008, sono rimasto in città per studiare il castigliano. Dopo di che, il vescovo Gaetano Galbusera mi inviò nella parrocchia di Aguaytia, situata a 161 km dalla citta”.

Una condizione di difficoltà oggettiva in tutti i sensi. Come te la sei cavata?

“Ho condiviso l’attività pastorale con 4 suore “Hijas de las Misericordias” (2 ad Aguaytia e 2 a San Alejandro, a 50 km)”.

Come ti sei mosso in un territorio così grande?

“Il territorio di questa parrocchia è equivalente a 3 diocesi di Perugia (per capirci, come tre quarti dell’Umbria)”.

Come hai fatto, allora, a tenere i contatti coi fedeli così sparpagliati?

“Di comunità, in questo territorio, ce ne sono circa 200: impossibile poterle raggiungere tutte! Qui sono rimasto per 9 anni”.

Le tue ulteriori destinazioni?

“Quindi sono andato in un’altra parrocchia, molto più piccola, a 86 Km dalla città e dovevo anche arrivare in un’altra parrocchia, distante 85 Km. In questa ultima parrocchia ho trovato una quantità immensa di analfabeti”.

In Africa ti sei trovato ‘in concorrenza’ con altre Chiese?

“Le problematiche grandi sono rappresentate dalla presenza massiccia di chiese evangeliche che hanno diviso e stanno dividendo le popolazioni. Non lo dico semplicemente dal punto di vista religioso, ma anche sul versante sociale e politico”.

Di cosa vivevano i tuoi parrocchiani?

“Diffusissima è la coltivazione della coca, la ricerca dell’oro, che fa distruggere fiumi e pezzi immensi di foresta, dal taglio di alberi alla ricerca di petrolio e gas, ed altre materie prime e combustibili”.

C’era un via vai di persone, anche spregiudicate, mosse da interessi di vario genere, vero?

“Nella regione arriva continuamente gente: da 300.000 persone nel 2009 siamo attualmente ad almeno 600.000. Persone che provengono da tutto il Paese. Pucallpa si trova a 842 Km dalla capitale Lima, o un’ora di aereo”.

Quali le condizioni della popolazione?

“Non sto a descrivere il basso livello di scolarizzazione ed anche quello della sanità”.

Come hai vissuto il periodo del covid?

“Col Covid mi sono trovato in città e poi, alla ripresa dalla situazione pandemica, sono stato nel Seminario amazonico, in Pucallpa, dove abbiamo accolto 9 seminaristi arrivati dagli 8 vicariati della Selva amazonica (estensione territoriale come due Italie)”.

Quali attività svolgevate?

“A Pucallpa facciamo un anno propedeutico, cioè di livellamento culturale dei seminaristi che arrivano dalle zone più  sperdute e con grandi difficoltà di una istruzione regolare”.

Che fine fanno poi questi giovani seminaristi appena formati?

“Poi questi giovani andranno a Iquitos, un’ora di aereo, oppure 6 giorni in barca. Lì faranno filosofia e teologia. I vescovi hanno dato vita a questo seminario, unico al mondo, con la prospettiva di avere giovani capaci di servire particolarmente le popolazioni indigene presenti nell’Amazonia”.

Dopo tanti anni di girovagare, quale la tua missione futura?

“A dicembre si è concluso l’anno propedeutico ed io ho preso la via di casa. Ora col Vescovo Ivan vedremo cosa mettere in atto per un servizio pastorale nella diocesi di Perugia”.

Poscritto. I rapporti di Perugia e dell’Umbria col Malawi hanno fatto da apripista a tutta Italia. Ricordo volentieri don Gino Vicarelli che iniziò i rapporti con padre Duccio e la diocesi di Zomba. E poi il coinvolgimento della comunità di Ponte Felcino. I perugini hanno tanto fatto e tanto dato. Penso all’Ospedale di Cucinelli, alla Scuola di Mestieri di Beppe Fioroni, all’opera di monsignor Remo Bistoni, che raccontò quell’esperienza nel bel volume Dal Tevere allo Shire. Tanto ne ho scritto e tanto vorrei ancora scriverne. Con orgoglio perugino.

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