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Venerdì, 26 Aprile 2024
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In vendita manoscritti dell'Ottocento di provenienza illecita: restituiti alla Diocesi di Gubbio

La scoperta fatta online dai carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc) di Perugia: recuperati due registri manualmente redatti e minuziosamente aggiornati dai parroci del tempo

La scoperta è stata fatta online, dove i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc) di Perugia hanno voluto approfondire la messa in vendita di due registri manoscritti dell'Ottocneeto che, per tipologia e natura, sembravano provenienti da raccolte d’archivio di Enti Ecclesiastici. A confermare i sospetti dei militari è arrivato così il controllo amministrativo, svolto grazie alla preziosa collaborazione fornita dagli esperti funzionari della Soprintendenza Archivistico Bibliografica dell’Umbria nei confronti di un commerciante del settore archivistico-librario attivo nella provincia perugina e a seguito del quale è stato contattato il direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Gubbio, Paolo Silvano Salciarini, che ne ha riconosciuto e rivendicato la proprietà. Al momento della restituzione presenti anche Anna Radicchi della Biblkioteca diocesana e monsignor Fausto Panfili, vicario vescovile in rappresentanza del vescovo di Gubbio sua eminenza Luciano Paolucci Bedini.

I due registri sono ritenuti molto importanti per la ricostruzione della storia e della vita delle comunità locali dell’epoca. Questi particolari 'atti' manualmente redatti dai parroci del tempo, i quali li aggiornavano con meticolosa puntualità, in ossequio al 'Rituale Romanum' risalente al 1614 che ne prescriveva la regolare tenuta. Contengono i dati anagrafici e religiosi (nascite e morti) dei parrocchiani, le professioni svolte e le proprietà a loro riconducibili, queste ultime utilizzate ai fini della determinazione della 'Decima' da versare alla parrocchia. Tali importanti documenti, che possono essere considerati alla stregua dei moderni censimenti della popolazione, alle volte riportavano pochi e scarni dati indicanti semplicemente i casati e i nomi di battesimo con relative date di nascita e morte; molto più spesso però vi si trovano registrazioni particolareggiate e accurate, con annotazioni dei nomi delle vie e delle contrade dove abitavano, la condizione lavorativa del capofamiglia o la presenza di domestici e servitù.

Si tratta, quindi, di insostituibili fonti storiche di notizie che diversamente non sarebbero reperibili e che sono utilizzate per studi demografici, sociali, toponomastici e soprattutto per le ricerche genealogiche. Due documenti 'unici' recuperati grazie all’attività investigativa avviata dai Carabinieri Tpc, gli 'investigatori dell'arte'. La positiva conclusione della vicenda testimonia come il costante monitoraggio del mercato antiquariale e l’impegno dell'Arma nel controllo di questo particolare settore consentono, anche a distanza di anni (e spesso anche in assenza di una formale denuncia di furto), di recuperare e restituire alle comunità di provenienza beni culturali che, seppur di modesta rilevanza economica, rivestono un importante significato per i luoghi dai quali provengono e ai quali devono tornare, per poter continuare a testimoniare e accrescere nel cittadino quella coscienza identitaria improntata al rispetto e alla protezione del bene comune.

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