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Domenica, 28 Aprile 2024
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NUVOLE di Antonio Carlo Ponti | Perugino, ecco cosa penso del docu-film presentato alla Notari

Sono salito da casa in taxi (10 euro) adrenalina al top: finalmente mi faranno capire «il meglio maestro d’Italia» cioè d’Europa cioè del mondo mi dicevo. Perché circola una vulgata secondo cui Perugino sarebbe stato un mercante avido, con bottega acchiappatutto, pieno di allievi che fanno il lavoro sporco, pittore ripetitivo, noiosetto, senza voli. Io, da profano cronista di provincia, ho sempre creduto nella sua pittura precisa, puntuale, che ha inventato il paesaggio, i volti sacri e umani come messaggi divini, angeli leggeri come piume, architetture ideali che da Piero avevano simmetria e ‘divine proporzioni’. Per me Perugino era, è un must, e a sentire tutti i distinguo banali e detti in un italiano stento dai

Curatori sul trespolo, loro sì noiosi e vieti. Mai uno strappo. Un decollo. Un’idea. Una lunga intemerata, lamentazione dettata da Vasari, toscanaccio pettegolo. Un film, e di più un docu-film, esige la ‘scrittura’, non esisterebbe Federico Fellini se non avesse avuto accanto a sé Ennio Flaiano e Tonino Guerra. E qui anziché scrittura, «narratio», racconto, c’erano retorica, lirismo, emozioni non suggestioni. Come diceva Giovanni Papini quando c’è da stroncare si stronca. Ma sempre con un po’ di rammarico per quel che poteva essere e
non è stato. Io non so le reazioni del folto pubblico alla Notari. E non m’interessa, io stilo le mie. In onesta onestà. Di certo, un festeggiamento per il Mezzo millennio dalla morte esigeva un omaggio filmico meno provinciale. Studenti di cinematografia avrebbero confezionato un prodotto meno didascalico e didattico, meno ambizioso e aulico. Salta subito all’occhio, e all’orecchio l’eccesso protagonistico dei curatori, invadente e insufficiente sul piano storico e espositivo. 

La colonna sonora era frastornante, e non sempre coerente con le immagini. E poi Marco Bocci, buon attore il cui merito di essere umbro non giustificava la scelta né la quantità eccessiva di presenza. Fra le ma un tomo immane di Vasari, e Marco sulla barca che solca il Trasimeno come in un film di 007. Ora, io ho una passione per la poesia di Gaio Fratini e ne curerò (grazie all’intelligenza di Elisabetta e Vittorio Sbarbi) tutte le poesie per la Nave di Teseo. Di Gaio riporto questa poesia: «La mula di Pietro Vannucci - Sale con la sua mula il Perugino / fra torri e cielo a Città della Pieve: / «Pietro vado in Toscana, a Montalcino. / Prendo un tratturo insidioso ma breve… / Pieta madonne pro arte oblivionis… / Confondi insieme a me torti e ragioni». Eh sì, ci sarebbe voluto Gaio, ma, nato a Città della Pieve nel 1921, è morto a Orvieto, nel 1999. RIP.

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