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LIBERO PENSIERO Perugia, ambizioni europee o città di provincia?

Fontivegge: non usare la gomma, ma la matita. L’opinione del professore Paolo Belardi

Perugia, ambizioni europee o città di provincia? Fontivegge. Non usare la gomma, ma la matita. L’opinione del professore Paolo Belardi.

Esordisce: “Sono stato relatore di molte tesi di laurea, dedicate al completamento di Piazza Nuova, spesso e volentieri insieme a grandi nomi dell’architettura contemporanea come Alessandro Melis, Gianluca Peluffo e Franco Purini. Così come sono stato responsabile di workshop di progettazione, dedicati all’area di Fontivegge, in cui i miei studenti hanno potuto progettare insieme ad architetti di fama come Benno Albrecht e Cino Zucchi”.

Quali le conclusioni, o le ipotesi, emerse?

“Ne sono uscite proposte molto diverse che, caso per caso, hanno prefigurato i vantaggi della ricucitura pedonale, a monte con il parco della Pescara [impropriamente noto anche come Verbanella, dal nome della Società di costruzione che stava per perpetrare lo scempio di una massiccia cementificazione, ndr] e a valle con l’area di via Sicilia. Ma nessuno ha mai pensato di demolire le opere di Aldo Rossi”.

Sono anche uscite idee per un completamento dello Steccone, vero?

“Qualche anno fa, l’amico-imprenditore Massimo Calzoni (all’epoca presidente di ANCE Umbria) accarezzò l’idea di completare lo Steccone con uno ‘Student Hotel’: un format ricettivo innovativo molto diffuso nelle città universitarie europee”.

Ti sembrò una buona idea?

“Assolutamente sì, tanto che aiutai Massimo a coinvolgere Marco Casamonti, progettista dello ‘Student Hotel’ di Firenze.

Ne uscì qualcosa?

“Durante un sopralluogo a Fontivegge, Casamonti schizzò di getto l’idea di un edificio a ponte, volto ad aprire anche visivamente la piazza verso via Mario Angeloni”.

Come mai non se ne fece niente?

“L’ipotesi è sfumata perché, purtroppo, pochi mesi dopo Massimo ci ha lasciati”.

Mi pare che tu conosca bene lo Steccone per esperienza personale, vero?

“Ho risieduto per molti anni nel cosiddetto Steccone e, per esperienza di vita vissuta, non ho mai capito perché i problemi sociali di Fontivegge siano imputati sempre e soltanto alla ‘Piazza Nuova’”.

A cosa è dunque ascrivibile questa sfiducia?

“Forse perché l’intorno è talmente anonimo da non poter essere eletto a capro espiatorio di un caso urbano che è di ben più ampia portata? O forse perché fa comodo nascondere la polvere sotto il tappeto aldorossiano? Perugia ha ben altri problemi da affrontare, rispetto alla demolizione di un edificio progettato da un premio Nobel dell’architettura”.

Insomma, uno sguardo d’insieme a Fontivegge non ti dispiace?

“Quando esco dalla stazione ferroviaria e guardo verso la grande colonna d’angolo di Aldo Rossi da un lato e la scintillante stazione del minimetro di Jean Nouvel dall’altro, vedo le opere di due premi Nobel dell’architettura. E mi sento felicemente in una città europea”.

Tutto positivo, dunque?

“Non proprio. Se guardo l’intorno, vedo un grumo di edifici grotteschi da un lato e un labirinto di corsie stradali e di pensiline dall’altro. E torno mestamente in una città di provincia che ha rinunciato a volare”.

Vuoi significare che è troppo tardi, o impossibile metterci una pezza?

“La storia della nostra città dimostra che l’architettura ha la capacità di ribaltare le penalità in virtualità. Basta pensare alla Rocca Paolina, che grazie alle scale mobili è assurta da landmark dell’inaccessibilità a landmark dell’accessibilità”.

[fine]

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