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CORREVA L'ANNO di Marco Saioni | Perugia 1896, i genitori si ribellano al caro-libri e allo zaino da ricchi. Le accuse Ildebrando Bencivenni

E così gli alunni dovranno adottare il nuovo zaino ma si raccomanda, con il pelo all’esterno, per un fatto di uniformità e per lo specioso motivo che quella di San Severo era considerata scuola modello. Ci si riferiva alla scuola normale, dove l’aggettivo non va inteso come sinonimo di consueto. In questi istituti, previsti dalla legge Casati del 1859, s’insegnavano appunto le norme e i contenuti, quelli ritenuti utili a formare gli insegnanti, nel caso specifico. A Perugia, in virtù del decreto Pepoli del 1861, furono istituite due scuole normali, maschile e femminile. Alla San Severo erano associate anche alcune classi elementari e un convitto.

scuola2-6E’un anonimo padre di famiglia a rivolgersi al giornale per denunciare l’assurdità della nuova prescrizione, peraltro diffusa a scuola già iniziata, dopo che le famiglie avevano provveduto a dotare gli alunni del necessario. La diatriba pilifera, secondo chi aveva acceso la polemica, non era questione di lana caprina. E no, tale estrosità doveva certamente costituire la cifra stilistica degli alunni. Un’inutile, costosa questione di etichetta, quasi che l’immagine fosse considerata al pari dei contenuti. Per fortuna le mode sono effimere e magari domani una qualsiasi sacca, borsa o cartella per trasportare libri non avrebbe fatto differenza.

Ma lo sfogo del genitore, “di numerosa prole”, si appunta soprattutto sul costo dei libri e altro materiale didattico, un corredo che ogni anno, inesorabilmente cambiava. Ci sono scuole, sostiene, dove gli insegnanti rifiutano quaderni che hanno quattordici righe invece di quindici e viceversa. E i libri? Quelli dell’anno prima non sono più buoni per il successivo, solo perché è stata divulgata una nuova edizione, sommariamente riveduta e corretta dall’autore. Insomma una ridda di testi scolastici che a ogni mutar di vento cambia formato, titolo, edizione. Paradossale poi il caso degli atlanti, come se l’edizione “aggiornata” avesse facoltà di cambiare configurazioni geografiche. Il risultato, oltre a comportare gravose spese, provocava un ammasso di libri inutili nelle case.

scuola3-4Direttore della scuola era il professor Ildebrando Bencivenni, autorità indiscussa in campo pedagogico e autore fecondissimo di pubblicazioni in materia, che non esitò a replicare a breve giro, evidentemente irritato dalle lamentele. Quel padre di famiglia avrebbe dovuto rivolgersi a lui invece che raccontare frottole sui giornali. Bastava recarsi in ufficio “dove sono dalle otto del mattino alle otto della sera”. Così avrebbe appreso che la storia dello zainetto era pura fantasia. In questa scuola non si facevano questioni di zaini con o senza pelo. Era la qualità dei contenuti e degli insegnanti a farne un modello, magari anche sorretti “dalla serietà e cooperazione dei padri di famiglia”. Che mandasse dunque il figlioletto con lo zaino senza pelo o anche con modelli da cinquanta centesimi e anche da meno, nessuno ci avrebbe fatto caso. Leggendo tra le righe: se proprio sei un pezzente, puoi trascinare il materiale didattico anche legato con una cinghia.

La replica affilata del direttore induce a ritenere non campato in aria lo sfogo del genitore, al quale si contestava solo il fatto di aver messo in piazza una vicenda che andava gestita con riserbo per evitare d’intaccare il prestigio della scuola. Non una parola, infatti, sul caso più rilevante, quello dei libri di testo, argomento sensibile per il direttore, poiché autore e protagonista di rilievo nell’editoria scolastica. Sarà lo stesso giornale, pure trattando la cosa con i guanti, a suggerire la questione, definendo “assolutamente ingiustificata” la spesa che le famiglie devono sostenere ogni anno per l’acquisto di libri, con la scusa delle nuove edizioni. Non solo, continua il redattore, sarebbe pratica consueta da parte d’insegnanti o di qualche direttore, fare “insistenti raccomandazioni” sugli alunni, volte a orientare gli acquisti presso specifici librai, già stranamente forniti dei nuovi testi, prima ancora della loro adozione da parte delle scuole. Da cui la conclusione: “Ogni libraio è gravato di tasse e quindi è doveroso lasciare ad ognuno la propria clientela libera. Torneremo anche su questo argomento”. 

Non ci torneranno, limitandosi a ospitare la pubblicità di una cartoleria che prometteva sconti ai padri di famiglia e “carta sugante gratis”, oltre a proporre la nuovissima “penna calamaio” che recando in sé l’inchiostro consentiva “di poter scrivere una trentina di pagine”. Ci tornerà su “La Democrazia” qualche anno dopo, ospitando in prima pagina un lungo articolo di Italo Ciaurro, studi alla Normale di Perugia, poi futuro direttore delle scuole elementari. L’occasione fu proprio un intervento di Ildebrando Bencivenni, il quale, lamentando che un suo libro non era stato adottato come testo scolastico, si augurava di “trovare il modo d’impedire la più vergognosa delle speculazioni”. E il modo c’era per Ciaurro, bastava che le commissioni deputate ad approvare i testi imponessero rigidi standard di qualità. Nelle nostre scuole, argomenta, “circolano libri che sembrano scritti da zappatori a giornata” per via delle forti provvigioni concesse agli insegnanti che hanno il potere di accettarli.

E’il caso dell’editore che riesce a piazzare un testo mediocre o pessimo, “accaparrandosi un direttore o un maestro: do cento lire a lui per regalo se riuscirà a farmelo adottare”. La qualità, dunque, potrebbe risolvere il problema e pazienza se qualcosa andava in tasca a qualcuno. Un insegnante che scegliesse il meglio per la sua scuola non dovrebbe vergognarsi dell’eventuale mancia poiché, in questo caso, “a posto con la coscienza”. Ovviamente ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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