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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Correva l'anno di Marco Saioni | 1910 – La collana galeotta di Ersilia

L’avrebbe quindi indossata quel giorno, la collana, facendo strage di sguardi. Il giudice convalidò l’arresto degli sposi per furto e dei rispettivi genitori per favoreggiamento. Una festa bruciata

Una calamita per gli occhi, quelli concupiscenti dei maschi, giovani e no. Nonostante il contegno misurato, l’Ersilia, ventenne del contado perugino, porgeva agli sguardi una rigogliosa rassegna di forme tornite. Era proprio quella sua riservatezza, così fragile nel contenere il grido di gioia che premeva dal vestiario di un’avvenente e polputa ragazza, a spronare i sensi di ogni ordine e grado.
Era fidanzata con Giuseppe, anche lui bravo e rispettoso giovane, ma certo non indifferente a quella magnificenza apparecchiata sotto il suo sguardo, eppure al momento preclusa. Sì, perché lei era affetta da una risoluta forma di castità prematrimoniale. Insomma di quelle che “non mi portare del bosco di sera…tra tre mesi te l’ho promesso…” Un calvario per Giuseppe che viveva quella prenotazione di lussuria come l’assetato in pieno deserto, rapito dal miraggio di una birra gelata.
Durante la passeggiata per il Corso e persino in chiesa, il povero giovane era, infatti, travolto da una sorta di delirio onirico in cui viveva situazioni impraticabili in luoghi pubblici, men che meno seduto in una panca con altri fedeli. Sognava troppo spesso la loro camera e l’accogliente letto nuziale. Era tempo di fissare le nozze, anche perché il pesante tributo a Onan rischiava di falcidiare diottrie. Le variegate locuzioni, poi, quelle da escogitare ogni volta difronte al confessionale mostravano ormai anche loro evidenti segni di logorio.

Avevano scelto maggio. Il lungo, penosissimo inverno di castità stava sfumando. I giovani pregustavano già le gioie del banchetto e del programma post nuziale. Il viaggio di nozze fugace, date le ristrettezze, se l’erano concesso al Trasimeno, sorta di riviera per turisti dimessi, ma poco male. La giornata di sole annunciava l’estate. Una luce fatata illuminava Ersilia e quella collana di corallo che sembrava impennarsi sulla gloriosa scollatura rischiava di far deragliare anche il tram. A cerimonia compiuta, il corteo di parenti si aprì al suo passare.

Fu il ruvido incedere di due signori, senza riguardi nel farsi largo tra gli invitati, a increspare la nitida mattinata di quanti si apprestavano a lasciare il Municipio. L’aspra dissonanza in quell’armonia si fece ingiuria di fulmine che tutti incenerì quando gli intrusi si qualificarono come agenti, pronunciando la consueta formula “Prego vogliate seguirci tutti in questura”. In pratica una retata che coinvolse sposi novelli e genitori al seguito. Dopo le doverose spiegazioni si dipanò tuttavia il contorno di una vicenda iniziata qualche giorno prima. Giunti in città per alcuni indispensabili acquisti, i due erano entrati nella ricca oreficeria Ragnotti, un parco giochi per gli occhi, giusto per sognare, poiché tutto, come fu subito evidente, si rivelò tragicamente fuori portata dei loro indigenti portafogli. Guardare era però gratuito e ne approfittarono per farsi srotolare tutto il campionario.

Quella collana di corallo aveva tuttavia stregato Ersilia, tanto da travolgere come un uragano ogni indugio inibitorio. Cedette alle tentazioni, del resto anche Oscar Wilde in uno dei suoi paradossi, lo aveva già consigliato come efficace modo per resistere alle stesse. Seppure ci sia da dubitare che le letture della ragazza, oltre alla Filotea della vita devota, comprendessero opere del drammaturgo inglese. C’era anche l’indubbio vantaggio di evitare imbarazzanti e incresciose trattative sul prezzo, così risolse di farla scivolare in tasca con inaudita leggerezza e talento di mani. Fu un gesto istintivo, da sembrare quasi lecito.
Un saluto cordiale per l’orefice, già occupato a rassettare la merce, poco propenso a ricambiare con analoga cortesia e furono fuori. Pochi passi e la buona educazione della ragazza, certamente timorata di Dio, non tardò a riemergere, essendo presto aggredita dal pentimento. Come avrebbe affrontato il confessore sapendo di aver violato il settimo comandamento? Una vergogna insostenibile, ma l’incanto del gioiello sembrava prevalere sull’ipotesi della resa immediata con tante scuse. Il dilemma fu però sciolto dal deciso diniego del fidanzato, il cui ragionamento tendeva a ritenere deleteria l’eventuale restituzione poiché associabile a palese confessione. Neanche il dubbio che l’orefice potesse nutrire qualche sospetto dopo la scoperta del furto. L’avrebbe quindi indossata quel giorno, la collana, facendo strage di sguardi.
Il giudice convalidò l’arresto degli sposi per furto e dei rispettivi genitori per favoreggiamento. Una festa bruciata, con annesso viaggio nuziale su cellulare, e ancora un insostenibile rinvio per l’agognata festa dei sensi. Ma quell’immagine della sprovveduta Ersilia con doppio giro di coralli al collo rimane un’icona sexy che splende come il diamante.

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