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Cronaca

Liti in famiglia, tolte armi e licenza al cacciatore perché la convivente beve troppo

Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria: "L'abuso di alcolici e l’alterazione psicofisica sono in grado di minare la pacifica convivenza familiare e l'uso improprio dei fucili"

La convivente non ha ancora risolto le problematiche legate alla dipendenza da alcol, quindi il compagno non può sperare di riottenere la custodia delle armi e la licenza da caccia.

È quanto hanno deciso i giudici del Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria in merito al ricorso di un cittadino che si era visto revocare i permessi per la caccia e detenere armi da fuoco.

L’uomo, difeso dagli avvocati Lorenzo Battisti e Roberto Quirini, ha presentato ricorso contro la decisione del prefetto di Perugia “con cui veniva fatto divieto di detenere armi e munizioni in suo possesso” dopo che le istituzioni avevano concesso un “largo lasso di tempo, al termine del quale verificare l’affidabilità dell’istante alla detenzione delle armi ed il completo superamento da parte della compagna di quest’ultimo, della problematica legata alla dipendenza dalle sostanze alcoliche”.

Il Collegio ha respinto la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, ritenendo “allo stato prevalente, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, quello di ordine pubblico preordinato alla prevenzione di possibili abusi nell’uso delle armi, rispetto a quello meramente personale del ricorrente a non vedersi privato delle armi e del munizionamento in suo possesso, peraltro utilizzato a fini esclusivamente venatori”.

Quanto al ricorso i giudici lo hanno ritenuto infondato “non risultando ancora definitivamente risolte le problematiche di dipendenza da alcool della convivente” del ricorrente “a seguito delle quali si era reso a suo tempo necessario l’intervento delle forze dell’ordine, onde sedare l’accesa lite familiare” nata proprio dal primo divieto di detenere armi.

Per i giudici del Tar “è evidente, infatti, come l’abuso di alcolici e l’alterazione psicofisica che ne consegue sia potenzialmente in grado di minare la pacifica convivenza familiare e portare dunque a situazioni litigiose, anche di particolare intensità (come del resto avvenuto nel caso di specie) che ben possono preludere ad un improprio utilizzo delle armi da fuoco”.

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