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Cronaca

Azienda paga l'Iva sui tartufi acquistati da rivenditori dilettanti e occasionali, ma non doveva: rimborsata di quasi 2 milioni

La Cassazione dà ragione alla società che commercializza tartudi e prodotti

L’Iva sui tartufi comperati dai raccoglitori dilettanti e occasionali non muniti di partita Iva non si deve pagare e lo Stato deve restituire a un’azienda che commercializza tartufi e prodotti derivati oltre un milione di euro.

La società umbra ha vinto il ricorso per Cassazione in relazione al “diniego di rimborso della somma complessiva di 1.752.501,92 euro, versata per i periodi di imposta 2015 e 2016, a titolo di Iva, in relazione all’acquisto di tartufi da rivenditori dilettanti ed occasionali non muniti di partita Iva”.

La Commissione tributaria regionale dell’Umbria aveva già dato ragione alla società ritenendo la disposizione che prevedeva “un’ipotesi di indetraibilità dell’Iva assolta mediante autofattura emessa dall’acquirente di tartufi acquistati da raccoglitori dilettanti o occasionali non muniti di partita Iva, era stata abrogata”, quindi l’Iva si poteva detrarre. L’Agenzia delle entrate riteneva che andasse verificata “la compatibilità con il diritto unionale” al fine di “evitare la procedura di infrazione”, rifacendosi a una Direttiva che negava il rimborso dell’Iva proprio nel settore dell’acquisto dei tartufi.
Secondo i giudici di Cassazione “la cessione dei tartufi effettuata dai raccoglitori occasionali non muniti di partita Iva non può rientrare nel campo di applicazione dell’imposta, in quanto il cedente non è un soggetto passivo” ai fini della tassazione e che “non appare coerente con le disposizioni dettate dalla Direttiva Iva un regime di fatturazione che non riconosca, in capo all’operatore economico (nella specie, l’acquirente che emette autofattura), il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e servizi”.

Il soggetto passivo, in questo caso, è il cessionario che, a seguito dell’emissione dell’autofattura, diventa debitore dell’imposta in luogo del cedente, senza avere, tuttavia, la possibilità di portare in detrazione l’Iva a credito.

Da qui il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle entrate e la condanna al pagamento delle spese processuali.

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