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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

IL CASO Cittadina italiana (perugina) da un quarto di secolo, ma il codice fiscale fa i capricci... e i burosauri la tormentano

"Ho tutti i documenti in regola. Ma l’unico a non essere in regola è il mio codice fiscale. Proprio quello che serve nei momenti cruciali della vita”

Cittadina italiana (perugina) da un quarto di secolo, ma il codice fiscale fa i capricci. O meglio, la burocrazia la tormenta. Come la disfatta di un Paese (ex Jugoslavia) comporta guai per un cittadino onesto. Si chiama Aneta Mladenovska Olmati ed è la consorte di Francesco Olmati, titolare della storica Latteria di via Baglioni. Grande lavoratrice, bella donna, moglie e madre bravissima, cittadina onesta. Ma non basta. Il suo nome si pronuncia “Anita”, come la coraggiosa compagna di Garibaldi. E come lei, l’Anita perugina è ardita e combattiva. Anche se scopre che lottare contro i “burosauri” è impresa eroica e disperata.

Mi dice: “Vivo in questo meraviglioso Paese da 25 anni, sono diventata cittadina italiana 24 anni fa, pago le tasse regolarmente e ho la fedina penale pulita”.
Aneta, cosa c’è, allora, che non va?
“Ho tutti i documenti in regola. Ma l’unico a non essere in regola è il mio codice fiscale. Proprio quello che serve nei momenti cruciali della vita”.
Allora, cosa t’è accaduto?
“Il mio caso problematico nasce con la disfatta della Iugoslavia (la scrivono così in Italia la nostra ex patria Jugoslavija). Nata in una federazione che non esiste più, mi trasferisco in Italia e mi assegnano un codice fiscale”.
Poi c’è il disfacimento del tuo Paese di origine, vero?
“Esattamente. Va tutto bene finché, a un certo punto, qualcuno decide che la Iugoslavia non può figurare sui codici fiscali poiché si tratta di un Paese non più esistente”.

Basta cambiare il Paese di provenienza, no?
“Nella voce ‘Paese di provenienza’ viene introdotta la dicitura Serbia e Montenegro (in qualità di eredi della Iugoslavia, per un breve periodo, queste due repubbliche hanno mantenuto il nome della precedente federazione)”.
Allora, da dove nasce l’inghippo?
“Dal fatto che, dopo qualche anno, al Ministero delle Finanze, qualche ‘cervellone’ propone di modificare nuovamente i codici fiscali di quei ‘disgraziati’, nati nei Balcani”.
Con quali conseguenze?
“Circa 5 anni fa (quindi dopo 20 anni di vita passata in Italia) mi assegnano il nuovissimo codice fiscale che finalmente riporta il nome della mia amata Repubblica di Macedonia. Ma da qui cominciano le mie vicissitudini kafkiane”.

In che senso?
“Dovevo verificare, in ogni occasione, che fosse vigente il nuovo codice fiscale, non il vecchio”
E come ti sei accorta di essere fiscalmente ‘apolide’?
“Mi sono trovata nella necessità di immatricolare un’automobile a mio nome. Alla motorizzazione bloccano la pratica perché a loro nell’anagrafe risulta il vecchio codice fiscale. Nessun problema, ho pensato, vado alla motorizzazione e lo faccio aggiornare. Ma le cose si sono complicate”.
In che senso?
“Per accedere alla motorizzazione di Perugia devi prendere l’appuntamento. Per prendere l’appuntamento sul loro sito devi avere lo SPID (digital identity)”.
Fatto?
“Macché! Preso l’appuntamento per aggiornare il vecchio codice fiscale con quello nuovo, verifico per scrupolo se tutto va bene e qui l’amara sorpresa: l’appuntamento è stato annullato a causa del codice fiscale mancante!”.

Incredibile. Con quali conseguenze?
“Per andare alla motorizzazione e cambiare il codice, ho bisogno dell’identità digitale (registrata con il codice fiscale aggiornato) ma, siccome nel loro sistema hanno il vecchio codice, non posso nemmeno prendere l’appuntamento!”.
Allora che hai fatto?
“Dato che il sistema digitale non ti permette di fare da solo la modifica dei dati anagrafici, mi hanno suggerito di ‘trovare qualcuno che abbia lo SPID’ per poter prenotare a nome di questa persona che, sentite questa: deve venire con me negli uffici, solo perché ha preso l’appuntamento a nome suo!”.
Allora?
“Cercasi volontario che si offra di prendermi un appuntamento a suo nome, e venire con me all’Ufficio”.
In un Paese minimamente civile, qualcuno si sarebbe premurato di chiedere scusa a un cittadino ingiustamente vessato. Ma non da noi. C’è di che vergognarsi.

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