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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

EDITORIALE Cara moglie, care donne ribellatevi almeno voi: siete pagate di meno, precarie, ricattate su figli o carriere, ghettizzate in quote...

Dovreste stracciare quelle mimose e scendere veramente in piazza per fare una rivoluzione apolitica...

Da uomo, da maschio, da italiano fervente, vorrei tanto che l'8 marzo fosse veramente il giorno dei diritti conquistati, acquisiti e ribaditi tutti i giorni per le donne. Lo vorrei per mia madre, per mia moglie, per le mie amiche, per tutte le donne del mondo perchè meritano questa reale condizione di parità e non la solita litania istituzionale, mediatica, cinematografica, politica-femminista-sindacale che nasconde in verità un grande vuoto e tanto tempo perso verso azioni concrete. Non si può essere orgogliosi della mimosa solo perchè si ha il diritto all'aborto, alla separazione e ad una pallida libertà rispetto agli schemi del passato. Certo sono conquiste importanti, da difendere, ma sono poca cosa per la vita reale.

Cara moglie, care amiche e care donne sconosciute vi stanno prendendo in giro, vi stanno strumentalizzando oggi come gli altri giorni. Con qualche quota rota, qualche manifestazione dal sapore antico, un leggero aumento di lavoro (ovviamente solo nel pubblico impiego) il sistema vuole comprarsi tutto il pacchetto donna. Ma in cambio di cosa? Di poco, pochissimo. Dovreste stracciare quelle mimose e scendere veramente in piazza per fare una rivoluzione apolitica per via di questi due dati che mettono a rischio sia la vostra autonomia-autostima che il futuro del nostro Paese. Mi spiego meglio: sapete quanto guadagna una donna rispetto ad un uomo in Umbria e nel resto dell'Italia? Meno di un uomo a parità di funzione e ruolo. Ma è assurdo... non trovate care donne? Ma non di pochi euro, ma di tanti.

 La ricerca di Aur condotta da Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia fissano bene i divari salariali tra uomo e donna: a livello nazionale il reddito medio di una donna è di 16.590 quello di un uomo invece è di 22.721 euro. Oltre seimila euro. Perchè? Non ci sono spiegazioni valide. Dal meno 27% su scala nazionale in Umbria si arriva ad un drammatico meno 32,7% nel privato: divario minimo nel pubblico impiego ma le promozioni sono più rare per approdare a ruoli apicali. Ma se non c'è la parità sul salario non c'è nessuna parità reale. Punto e basta. Perchè viene meno l'autonomia, la possibilità di accedere a prestiti e mutui è ridotta, la meritocrazia di fatto è violata e si riducono le chance di cambiare posizione, occupazione, di realizzarsi pienamente. Secondo dato che  svela il bluff della retorica delle quote rosa e di un presente a favore delle donne. Il lavoro giovanile in Umbria è precario, occasionale, a chiamata e con il più alto tasso di non rinnovo o licenziamento soprattutto per chi? Per le donne. Sul fronte del lavoro privato a causa della pandemia il settore rosa ha perso più del doppio dei posti di lavoro dei maschi.

Ecco dunque, care lettrici e care amiche, materializzarsi il più infame degli scenari che dimostrano ancora una volta che i diritti sono solo di facciata: una ragazza-donna trova lavoro sempre più tardi, per giunta da precaria, deve lavorare di più (perchè guadagna meno) come professionista o come dipendente per arrivare ad una certa autonomia, sacrificando molti aspetti della propria vita di donna arrivando in moltissimi casi ad un bivio-domanda: posso permettermi di fare un figlio senza perdere tutto? Oppure posso permettermi di fare figli e poi continuare a lavorare e gestire la famiglia? Oppure ancora: ora che mi sono stabilizzata, ma intorno ai 40 anni, riuscirò ad avere figli? Qualcuno potrà dire che una donna è donna piena e realizzata anche senza figli e famiglia tradizionale. Bene, giusto. Ma c'è un problema senza figli: muore la nostra città, la nosta regione, la nostra economia e il futuro. Non bisogna mettere le donne in questa condizione di ricatto. Devono essere libere di scegliere e non obbligate dal bisogno a fare certe scelte. Non è un caso che mai come in questo periodo la natalità è vicino a zero.

E' la dimostrazione che a chiacchiere parliamo di diritti ma nei fatti dove sono gli asili (e quelli aziendali)? Dove sono i sostegni concreti per le donne-lavoratrici con prole? Dove sono le case popolari per le giovani coppie nelle medie e grandi città? Dove è la parità dei diritti per una donna e in prospettiva una donna-madre? Ecco dove: in Nord Europa. Basterrebbe copiare il loro welfare. E molti avrebbero un futuro. Cara mamma, cara moglie, care amiche e care lettrici quella mimosa che vi danno in mano è soltanto una illusione ottica, un contentino. Fate sentire la vostra voce, ribellatevi. Finché le donne non saranno libere dal bisogno non saranno mai libere veramente. E oggi senza donne non c'è futuro. 

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