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Cronaca

Quella chiesa perugina "scrigno di tesori" inspiegabilmente chiusa da anni, riaprirà

La chiesa di San Fortunato ora è perfettamente a posto, ma stona il fatto che non sia accessibile. E stonano, soprattutto, gli affissi sfacciati che restano appiccicati al muro, a sinistra del portale

“La chiesa di San Fortunato è uno scrigno di tesori. Invisibili”, parola del professor Francesco Federico Mancini, uno dei più profondi conoscitori delle risorse di arte e storia perugine. I lavori di restauro e consolidamento interno della chiesa  sono finiti da un bel pezzo. Ma la chiesa, già officiata dai padri Silvestrini,resta da anni inspiegabilmente chiusa. Ed è certo che continuare a tenerla serrata appare una scelta decisamente incongrua.

Notizia dell’ultim’ora ne dà però imminente la riapertura. Sono infatti iniziati i lavori di tinteggiatura che dovrebbero protrarsi per circa un mese. Le opere sono tutte coperte da teli in plastica, per salvaguardarle dallo sporco. Quindi si prospetta la possibilità di rivedere il suo ricco contenuto d’arte, anche se qualche dubbio resta, soprattutto per la cronica carenza di sacerdoti che ormai affligge la diocesi.

La chiesa gravita sotto la parrocchia di Sant’Agostino, retta dal dottissimo biblista e illustre musicista, monsignor Fernando Sulpizi. I perugini sperano che don Fernando possa officiarla, almeno con cadenza periodica. Ma, intanto, sarebbe già molto potervi accedere, almeno per motivi di carattere culturale.

Le decorazioni lignee degli altari sono qualcosa di strepitoso. Si tratta di un ciclo scultoreo policromo, con grandi splendori di ori. Molte statue sono incuneate in nicchie laterali, secondo lo stile e la concezione barocca. Ci sarebbero da ammirare (se si potesse accedere) opere pregevoli di Leonardo Scaglia, che il professor Francesco Federico Mancini ha fotografato, censito e inserito in una recente pubblicazione, uscita per i tipi dell’editore perugino Aguaplano.  

Nella chiesa, in fondo alla piaggia omonima,  si trova anche una tela di Scilla Pecennini, raffigurante la “Madonna e San Fortunato”. La chiesa poggia su preesistenze antiche. Sulle sue fondazioni sono state reperite tracce risalenti alla civiltà etrusca. C’è chi sostiene che in questo luogo esistesse addirittura una scuola di aruspicinia, disciplina divinatoria di grande appeal nelle città governate dai Lucumoni.

Non è un caso che al termine di via Scoscesa (all’incrocio con via Pinturicchio, a confine con la chiesa) sia murata, a meno di tre metri di altezza, una piccola urna etrusca, sormontata da un’immagine umana. E anche una raffinata testina, proveniente da qualche tomba ipogea. Se non dalle stesse preesistenze etrusche della chiesa.

La chiesa di San Fortunato fu edificata nel XII secolo, poi gradualmente degradò. Nel Seicento, poco dopo la realizzazione della Rocca Paolina, fu ricostruita dai Silvestrini, secondo lo schema della navata unica, con reminiscenze di carattere medievale.

Ora che è perfettamente a posto, stona il fatto che non sia accessibile. E stonano, soprattutto, gli affissi sfacciati che restano appiccicati al muro, a sinistra del portale. Ma è proprio così difficile collocare questi manifesti in una bacheca, anziché sfregiare la tessitura muraria?

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