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Venerdì, 26 Aprile 2024
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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno

Il © è di Pier Paolo Pasolini e Alessandro Gnocchi, giornalista e scrittore, lo ‘ruba’ e c’intitola il suo libro fresco di stampa: Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno, Baldini+Castoldi. La poesia non è mai ‘facile’ a meno che non sia descrittiva, il pensiero icastico di PPP dunque esige una spiegazione, per chi non conosce (o odia) il calcio, ventidue giovanotti in mutande che inseguono una sfera di cuoio. PPP significava che il calcio (sport è parola grossa) è molto di più, è una visione del mondo (tutto quello che so della vita l’ho imparato giocando scrive Albert Camus promettente portiere), un fenomeno sociale, una parte centrale della realtà (i vandali, i razzisti, i tifosi volenti ne sono fuori anche se vengono vellicati dal club per basso opportunismo). 

Il libro di Alessandro, che è puro colto divertimento e lo consiglio pure a quegli intellettuali contro per snobismo, ha il sottotitolo che ne scioglie senso e fine: Calcio e letteratura, e dice che è cosa bella e onesta (come ogni ambito della vita reale ha i suoi buchi oscuri) se ne trattano fior di scrittori e poeti
come Osvaldo Soriano, Manuel Vázquez Montalbán (Il centravanti è stato assassinato verso sera), Eduardo Galeano, Carlo Emilio Gadda, Mario Luzi che canta Ai campioni del Torino morti a Superga e Umberto Saba e la solitudine del portiere, e Franco Acitelli e la solitudine dell’ala destra, e Gaio Fratini, Ennio Flaiano, Gianni Brera, Giorgio Caproni, Vittorio Sereni, Giovanni Giudici e altri molti. Ma la parola letteratura racchiude il cinema e le canzoni (Venditti, Ligabue, De Gregori…) sicché l’aureo libro di Alessandro si pone fra quei libri utili davvero, che schiudono orizzonti, animati da fede e competenza, da sincero disinteressato spirito di servizio. 

Oh lo leggessero tanti tifosi non adusi alla lettura, per i quali il libro è un tabù e un nemico, abituati alle ciance nelle tv private, alle chiacchiere (peraltro nobili a modo loro e aggreganti e integranti) nei bar, dopo i riti e i miti delle partite in casa o in trasferta, spesso lezioni di paternità e di amore per il padre, e qui Alessandro trascrive l’incanto di una poesia tenera di Giovanni Raboni, un tizio che s’è tradotta l’intera Recherche di Marcel Proust: «Allo stadio andavamo presto, / non volevamo perdere / la partita prima della partita. / In campo, uguali da confonderli /a dei giocatori veri, i ragazzi /delle squadre chiamate primavera…», dimostrando come un libro in apparenza futile o non necessario secondo il canone della cultura d’élite o di nicchia, preclusa ai più, possa per valore in sé, ontologico, inserirsi nella saggistica che viaggia in prima classe. 

Un libro che è una recensione veloce e una ‘scheggia’ o viceversa, e mi auguro che venga letto, d’un fiato o meglio lento pede per non farlo finire e magari che so rileggerlo tra un paio d’anni. Beh, che Jacques Derrida fosse un buon centravanti (quel che manca a Roberto Mancini con molti dollari all’estero, e che non ama il mio Gallo Belotti) e Martin Heidegger una mezz’ala - ohibò - sinistra, son notizie davvero strane e gradevoli. Osvaldo Soriano segnò molti gol. Il gioco del calcio, la sua essenza, è fare gol, ecco perché il capocannoniere è un poeta e il portiere il suo profeta.

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